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Oggi ti porto sulle Dolomiti…

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Specialità di montagna e ottime birre

La splendida catena montuosa del Nord Est, le Dolomiti, si distende con le sue celebri vette tra Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Ed è in queste terre che prosegue il nostro viaggio nelle specialità regionali italiane, accompagnate da ottime birre.

Nelle Dolomiti, regine delle nevi, sono diffuse ottime tradizioni gastronomiche con piatti tipici di grande gusto e ricette che invitano a condividere, magari al caldo di un rifugio, piatti di struttura e concreta sostanza. Una ricca cucina che, come siamo soliti fare, abbineremo a birre adatte, per corpo e piacere, ad accompagnare il clima invernale. Tra queste un posto d’onore proprio alle cosiddette “birre invernali” e alle speciali “birre di Natale”.

Iniziamo dalla Val Pusteria, con località come San Candido e angoli che paiono fermi nel tempo. Cucina altoatesina: ecco gli “Schlutzkrapfen” dei ravioli di pasta fresca a forma di mezzaluna con un gustoso ripieno di ricotta e spinaci cui vengono aggiunte patate e cipolla. Conditi con burro fuso rappresentano un ottimo inizio.

In abbinamento una tipologia di birra piuttosto particolare, quella “invecchiata in botte”. Queste birre passano un periodo tra sei e nove mesi in Barrique, una botte di legno da 225 litri che ha precedentemente contenuto un vino come il Porto, un distillato come il whisky o il rum. Il passaggio in legno dona alla birra caratteristiche gustative che riprendono i sentori dei precedenti “inquilini” della botte, regalando un sorso pieno, inteso e aromatico.

Anche la Val Venosta è un piccolo paradiso, dove si può soggiornare e pranzare in un tipico “Maso”. Sono fattorie a conduzione familiare dove trovare piatti e prodotti tipici a vero km zero.

In tavola dunque con la “Bauerngröstl”, padella alla contadina con patate, cipolla e carne di manzo, a seguire una ricetta antica che rispecchia il territorio, la “Zuppa di pane”, pezzetti di pane di farro che vengono mescolati con uova, sale e noce moscata per essere passati in padella nel burro caldo. Questo composto raffreddato viene poi immerso nel brodo e servito con erba cipollina.

Con il primo dei due piatti versiamo nel giusto bicchiere a forma di coppa, ampio e con stelo, una birra Trappista belga o francese. Sono birre prodotte rigorosamente all’interno di una Abbazia direttamente dai monaci o, quantomeno, sotto il loro diretto controllo, risalgono a secoli orsono e ancora oggi rappresentano una stupenda tradizione brassicola. La Westmalle Triple, prodotta nella omonima Abbazia in provincia di Anversa sin dalla metà del 1800, presenta un bel colore dorato e dai profumi fruttati e luppolati. Corpo intenso e pieno di grande eleganza e carattere. Con la zuppa, perfetta la “Trappistes Rochefort 6” riconoscibile dal suo tappo rosso. Questa trappista belga, dalla schiuma croccante, presenta toni dolci di miele e caramello, ben contrapposti ad una presenza amaricante e speziata. Le birre di Abbazia reggono perfettamente anche l’abbinamento con gli “Spatzle” gnocchetti verdi o bianchi, conditi, come vuole la ricetta tirolese, con panna e speck. Qui è perfetta, sempre dal Belgio la “Trappistes Rochefort Extra” dove le note agrumate e speziate reagiscono, nel sorso, all’intensità degli gnocchi.

Non si possono frequentare le cucine delle Dolomiti senza godersi un piatto che parla da solo: i “Canederli”. Quelli classici altoatesini, gli “Knödel” vengono preparati impastando formaggio, speck, prosciutto o fegato e serviti in brodo. Ottime anche le varianti con spinaci, o con rapa rossa. I Canederli trentini vengono anche serviti asciutti, conditi con burro fuso con accanto insalata di cavolo cappuccio. Da notare che i Canederli, sono detto “Chenedi” nella variante ampezzana. Quindi se siamo a Cortina li vedremo preparare con pan grattato speck, spinaci, lardo o formaggi e serviti in brodo caldo o con burro fuso.

Per questo primo piatti intenso e saporito, ma al medesimo tempo delicato nel boccone, preferiamo una birra meno rotonda, un sorso che rallegri e sgrassi il palato, come sa una “Blanche”. Restiamo in Italia con “La dama bianca” di Hibu, fresca nelle sue note di arancia amara e coriandolo, oppure con “Moretti la Bianca”, elegante e raffinata. Niente male anche una bella IPA di Lagunitas, India Pale Ale californiana dai profumi del bosco e note amare di grande fascino.

La nostra carrellata di gusti e sapori dolomitici, si chiude con un trittico degno del prossimo podio olimpico che vedrà Cortina D’Ampezzo protagonista con le piste delle Tofane. Sedici gironi di gare nel febbraio 2026 per portare questi territori montani al centro del mondo sportivo.

Ecco le tre medaglie. Partiamo da Cortina, con le “Patate all’ampezzana”; medesima materia prima per il “Tortel” della Val di Non, una frittella di patate perfetta per accompagnare affettati e formaggi locali e nominiamo lo “Stinco di maiale con patate al forno” trionfo di sapore e consistenza.

E tre birre sono pronte per venire portate a tavola con questi piatti: la rossa irlandese McFarland, una Bulldog Strong Ale, l’Inghilterra dal sapore inconfondibile e la “Moretti Gran Cru” ad alta fermentazione, dal fascinoso carattere. Perché l’Italia sul podio deve esserci!

Oggi ti porto in… Valle d’Aosta

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Piatti tipici di montagna abbinati a ottime birre

Il viaggio nelle tradizioni gastronomiche regionali del nostro meraviglioso Paese continua in una regione dove l’arrivo dell’inverno è salutato per usanza e attitudine con grande calore e gioia: la Valle d’Aosta. Dalla bassa valle alle cime più alte d’Europa del Massiccio del Monte Bianco, le prime spolverate di neve, che presto si trasformeranno in magiche nevicate, annunciano l’accendersi dei camini e la preparazione dei piatti di una cucina regionale ricca di sapori, profumi e concreta soddisfazione da abbinare, come siamo soliti fare, a ottime birre.

Immaginiamo di aver terminato una piacevole passeggiata o un’escursione con le ciaspole e varcare la soglia di una tipica baita alpina come troviamo negli affascinanti paesi di montagna da Cervinia a Courmayeur, da Champoluc a Gressoney, per citarne alcuni. Ed ecco sul tavolo un tagliere di salumi tipici della Valle dove troviamo vere chicche gastronomiche. La Motsetta o Mocetta, salume tipico delle Alpi Occidentali, un taglio di carne magra che viene salata secondo antica tradizione. Può essere di bovino o cervo, ma anche di pecora o asino. Immancabile il “Lardo di Arnad”, piccolo paese dove la produzione è riconosciuta Dop, tagliato a fette sottili è gustosissimo, accompagnato da un buon miele di castagno e appoggiato su di una fetta di polenta appena fritta. Il “Jambon de Bosses DOP” nobile rappresentante della salumeria valdostana, viene lavorato secondo il rigido disciplinare della Denominazione, che ne garantisce ciascuna fase, dalla concia del sale con erbe del territorio, alla salatura manuale, alla stagionatura su un letto di fieno alla disossatura con legatura manuale. Il gusto è delicato e sapido con una punta di dolcezza aromatica. Per completare il tagliere, ecco il Prosciutto Crudo di Saint Marcel un prodotto alle erbe di montagna, dal gusto inconfondibile e il Il Boudeun, una salsiccia tipica, molto stagionata, preparata con patate e lardo.

E l’abbinamento brassicolo?

Duplice scelta per accompagnare questi squisiti bocconi. Una Dopplebock, intensa e decisa. Una birra nata negli anni venti del 1600 in Germania dai toni maltati che ben si sposa con la sapidità dei salumi. In alternativa una Weizenbock per schiarire i sapori pieni dei salumi e regalare un sorso rinfrescante e di bel carattere.

Sulla tavola valdostana uno dei grandi protagonisti è la Fontina Dop, formaggio tipico della valle, chiamato “Fountina” nel dialetto Patois valdostano, che viene prodotto nelle malghe degli alpeggi e stagionato almeno tre mesi. Gustata in purezza, la versione più dolce accarezza il palato e quella più stagionata lo soddisfa con il suo sapore più pieno. Perfetta in accompagnamento una birra Ambrata e di carattere come Ichnusa, nella versione “Ambra Limpida” con l’aggiunta di un “tocco” di riso coltivato nella provincia di Oristano. La schiuma cremosa e la nota vegetale completano la dolcezza della Fontina fresca, accompagnando il morso più stagionato.

La Fontina è anche protagonista di due piatti caldi di grande tradizione: la Fonduta e la Polenta Concia. La prima, diffusa di territori sui due versanti dell’arco alpino tra Valle D’Aosta Francia e Svizzera, è preparata con tuorli d’uovo, latte e fontina. Posta al centro del tavolo in un’apposita pentola dotata di un fornelletto per mantenerla calda, invita alla condivisione da parte dei commensali che intingono crostini di pane di segale che si ricoprono della calda meraviglia.

Per valorizzare la condivisione e proporre diversi assaggi, mettiamo in tavola una Irish Red Ale con il suo bel colore rosso scuro ed aroma rotondo. Ci offre un sorso dal sapore tostato e note di caramello, oltre a un paio di birre aromatizzate, una scura al miele e una chiara con le medesime botaniche del Gin, o una classica Lager.

Da un ricettario di cucina di montagna è quasi obbligatorio scegliere una zuppa. Tra le più caratteristiche di tutta la Valle, troviamo la “Zuppa Valpellinentze” originaria della omonima valle laterale, la Valpelline si staglia a nord della Valle d’Aosta con i suoi paesaggi mozzafiato culminanti nel Dent d’Hérens a più di 4000 metri di altezza. Un piatto ricco e composito, ma allo stesso tempo piacevole e per nulla eccessivo: pane, fontina, burro, brodo di carne e verza vengono cotte lentamente e passate successivamente in forno con una spolverata di cannella in polvere, per creare una golosa doratura. Per differenziare il sorso dal boccone una IPA “India Pale Ale” può essere la giusta scelta. La birra creata per soddisfare i militari britannici di stanza in India ha una maggior concentrazione di luppolo che le consentiva di reggere il lungo viaggio in nave. Dai toni fruttati, agrumati si intensifica nel sapore con una tipica nota amaricante. Per seguire maggiormente la pienezza della zuppa, una Moretti La Rossa è la perfetta compagna al tavolo: una doppio malto, ricca e di bella struttura, che regala sapori di frutta del bosco e un carattere che soddisfa, senza eccessi.

Chiudiamo il nostro menu valdostano con pairing birrario gustando un dolce tipico: le Tegole. Il nome deriva dalla loro forma che ricorda quella delle “lose” pietre locali tagliate a tegole per coprire i tetti delle abitazioni di montagna. Sono preparate con nocciole, zucchero, albume d’uovo, farina e talora mandorle e vaniglia. Le Tegole, biscotti delicati e saporiti, da accompagnare ad una birra di abbazia, piena e intensa, di importante gradazione. Con una dolce meditazione e con lo sguardo sulle montagne.

Oggi ti porto in… Piemonte

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

Le prime brume dell’autunno, tra le colline, i borghi storici e i castelli secolari, le piccole piazze di paese, ancora ritrovo per quattro chiacchiere sugli avvenimenti del momento: il Piemonte delle Langhe, del Monferrato, dell’Astigiano e del Roero.

La matrice contadina si unisce nelle cucine a quella sabauda, reale, e rende gli straordinari prodotti del territorio, piatti indimenticabili.

Il nostro viaggio prosegue così, in questa atmosfera autunnale, con i primi freddi che invitano a trovare rifugio di fronte a piatti che scaldano anima e cuore, abbinati, come nel nostro consueto, ad ottime birre.

SÌ comincia con una vera specialità dalla storia intrigante: la “Bagna Caoda”.

Nata nel basso Piemonte dove giungevano, nel loro percorso dal mare gli acciugai (anchoier) delle valli Occittane, transfrontalieri erranti che portavamo questi piccoli e gustosi pesci sotto sale sui mercati piemontesi. Le acciughe sono la base della salsa con aglio e olio che scalda nella pentola chiamata “fojot” direttamente in tavola e dove si immergono le verdure di stagione a partire dal cardo gobbo e dal topinambur, che diventano ghiotti bocconi.

Al sapore deciso della salsa abbiniamo con certezza una “blanche”, birra di frumento non filtrata, che unisce le sue caratteristiche speziate e agrumate ad un sorso fresco e diretto.

Risalendo una collina e raggiungendo un piccolo borgo concediamoci una seconda icona della cucina del Piemonte: gli “Agnolotti”. Il formato di pasta ripiena è, da queste parti rigorosamente quadrato, di dimensione variabile con un ripieno di carne “dei tre arrosti” di vitello, maiale e coniglio, che incanta il palato. Il nome della pasta deriverebbe dal cuoco che la inventò e veniva chiamato “Angelot”. Diffusi nelle diverse province piemontesi, il loro condimento perfetto è con burro e foglie di salvia. In abbinamento una birra artigianale cuneese ambrata, una India Pale Ale,  per restare nel territorio, spostandosi verso le limitrofe regioni francofone, una birra di abbazia di media intensità troverà il piacere del sorso.

Proseguiamo la nostra degustazione con un abbinamento di bella intensità, dal boccone ricco di acidità e sapidità e dal sorso, in opposto, pieno e con note caramellate.

In tavola portiamo il “Carpione”, versione piemontese del Veneto “Saor”. Si tratta di una marinatura nell’aceto, erbe aromatiche, aglio e cipolla destinata a nutrire del suo sapore verdure come le zucchine, uova in camicia, pesci di acqua dolce come le carpe e le anguille e piccole cotolette impanate e fritte. A queste caratteristiche ben risponde una “Bock”. Birra lager di struttura importante, originaria della Germania e nota sin dal Medioevo. In origine era una birra esclusivamente scura, con il passare del tempo ne sono state e vengono prodotte anche versioni ambrate e chiare. Sempre, però, con carattere e pienezza del gusto dove si distinguono il malto e si apprezza una nota dolce che contrasta con eleganza i sentori del Carpione.

Pensiamo ad una bella birra scura, intensa dalle profondità aromatiche e gustative, una “Strong Belgian Ale” una “Porter” e anche una “Stout”. Le note speziate in queste birre portano sapori di tosatura, caffè e a volte cioccolato. Schiuma cremosa e tenace e rotonda declinazione delle note amare. Queste tipologie sono molto adatte ad accompagnare un “carrello dei formaggi” che porta in tavola una delle forme più complete di identità territoriale. Il lavoro dei casari, infatti, si differenzia valle per valle, città per città, a volte pascolo per pascolo. Formaggi più stagionati, o più morbidi, vaccini o caprini sono, in Piemonte, un pilastro della cucina regionale. Per cominciare una “Robiola” fresca, una “Toma” delle Valli Piemontesi di media stagionatura e lo stagionato e pregiato “Castelmagno”.

Non può mancare un accenno a sua maestà il “Tartufo”, tipico di questo periodo il “Bianco Pregiato di Alba”, ma ottimo anche il “Nero Pregiato” detto anche Scorzone, per via della pelle spessa e rugosa.

L’abbinamento può sembrare audace, ma è incantevole. Uova all’occhio di bue (dette “al paletto” in piemontese) generosa sventagliata di lamelle di tartufo e nel bicchiere una IGA (italian grape ale) che aggiunge mosto d’uva durante la fermentazione.

Oggi ti porto a… Venezia

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Piatti tipici della città lagunare e abbinamenti con la birra

Il nostro bellissimo viaggio nella cultura gastronomica italiana prosegue con l’entusiasmo di scoprire o riscoprire la tipicità della cucina locale, il fascino delle donne e degli uomini che credono profondamente nelle tradizioni e che amano la propria terra.

Un viaggio durante il quale abbiniamo alla cucina regionale una buona birra, tra lager, rosse, ambrate o artigianali, per esaltare e accompagnare i sapori e la consistenza di un piatto. Un sorso che aggiunge freschezza, gusto e profumi, a volte inaspettatamente, ma sempre con grande soddisfazione.

Eccoci pronti per la terza tappa, ricca di fascino e meraviglia: Venezia.

Tutti noi abbiamo di Venezia un ricordo o un’immagine personale, un angolo visto dal vivo o anche in un film, che sentiamo nostro. E allora, in questa giornata tra le calli e la laguna, partiamo da un luogo ricco di suggestione e storia: il Mercato di Rialto e la sua parte dedicata al pesce.

La giornata qui inizia che è ancora buio per i proprietari dei banchi sui quali fa bella mostra di sé ciò che il mare quotidianamente offre. A seconda della stagione, le diverse tipologie di pesce, crostacei e molluschi sono il “tesoro” di questo mercato. È bello andarci davvero presto quando le lampadine appese ai fili lungo le mura del loggiato sono le uniche fonti di luce. Sino a che il sole sorge e dipinge il tutto con pennellate di luce. Dopo una visita del mercato ecco il suggerimento per una “colazione del campione”.

Un piatto di crudo, tra cui non possono mancare gli scampi locali, gamberi di stagione e, se il mare l’ha concesso, una seppiolina tenera e delicata. Sono diversi i banchi e i piccoli locali del mercato a proporre il piatto. E per completare un breakfast insolito, ma eccezionale, abbiniamo una birra al cedro di Santa Maria prodotta nella splendida Scalea, in Calabria. La nota agrumata è perfetta con il crudo di pesce.

La mattinata prosegue passeggiando per la città e lasciandosi guidare dalla bellezza e dall’arte nelle visite preferite. Ad ora di pranzo è il momento di sedersi al bancone di una delle storiche “cicchetterie” per gustare i cicchetti, i tipici stuzzichini veneziani. Da non perdere quelli con sarde in saor, Baccalà mantecato, polpette di pesce, uova sode con acciuga, folpetti (piccoli polpi) in guazzetto, carciofi di Sant’Erasmo sott’olio e per pochi giorni all’anno le “Castraure” che ne sono i germogli. E nella giusta stagione quelli con il radicchio e con le “Schie” piccoli granchi fritti.

I cicchetti sposano la birra in diverse tipologie. Una lager di medio corpo accompagna perfettamente i sapori più intensi con freschezza e carattere. Una rossa su abbina con gioia ai cicchetti di terra o a quelli con i formaggi portando sapore e consistenza. Volendo osare, ai cicchetti con i salumi mettiamo accanto una “bock” scura, intensa e intrigante.

Con il Vaporetto, raggiungiamo Burano, splendido gioiello della laguna.

Un’isola a misura d’uomo e colorata dalle vivaci tonalità pastello delle sue case da ammirare passeggiando. Merenda tipica con i celebri e inimitabili biscotti “Bussolai” detti anche “Buranelli” da accompagnare con  una “Weiss” per stemperare la dolcezza.

Burano è visitabile a piedi senza affaticarsi troppo e nel vale davvero la pena, da mirare anche l’artigianalità dei “merletti” ricamati a mano, una tradizione che si tramanda da secoli.

Torniamo in centro storico per scegliere una trattoria veneziana tipica, magari affacciata su di un canale minore, lontana dal percorso turistico. Un tavolo all’esterno, la tranquillità dell’acqua e il solitario passaggi di una gondola e l’atmosfera c’è tutta. È il momento di dedicarsi a sua maestà il “Fegato alla Veneziana”, un tempo piatto povero e oggi orgoglio e simbolo di ogni cuoco della città sull’acqua. Da gustare con o senza la morbida polenta bianca, è un piatto iconico. Per chi non gradisce la carne “Zucca in saor” la tipica marinatura con cipolla, uvetta e aceto, oppure una classica “Pasta e fasiòi”.

Con questi piatti saporiti e di carattere beviamo una delle numerose e ottime birre artigianali prodotte in Veneto. Decise, come i loro abitanti.

Oggi ti porto in… Sicilia

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

Prosegue il nostro viaggio nelle cucine regionali, nelle tipicità di piatti e sapori autentica espressione della nostra splendida Italia.

Un viaggio dove abbiniamo alla cucina regionale una buona birra ad esaltare e accompagnare i sapori e la consistenza di un piatto. Un sorso che aggiunge freschezza, gusto e profumi e regala una combo perfetta.

Partenza per la seconda tappa: la Sicilia, isola nell’isola, un vero e proprio scrigno di tradizioni gastronomiche uniche e irripetibili, frutto, in buona parte, delle contaminazioni culturali che la regione ha vissuto nel corso dei secoli: arabi, normanni, e prima di loro greci e romani, per arrivare ai Borboni.

Per iniziare ecco alcune tipiche specialità del “cibo di strada” una delle esperienze gastronomiche più felici che si possa provare in Sicilia.

Arancino, se ci troviamo nella parte orientale dell’isola o Arancina se lo assaggiamo nella zona occidentale. A forma di palla o di piramide, queste forme di riso ripiene di ragù e piselli, oppure al burro, con farcitura a base di besciamella, mozzarella e prosciutto sono una vera goduria. Da gustare appena fatti, perfetti con una lager leggera che intenerisca la consistenza del boccone e che rinfreschi con gusto il palato.

Andiamo al mercato di Ortigia a Siracusa, a quelli di Ballarò o della Vucciria a Palermo, oppure a Catania allo storico mercato Pescheria: non può mancare l’assaggio di “Pane e Panelle”. Un panino al sesamo ripieno di frittelle di farina di ceci, delizioso. Da abbinare a una birra di una certa struttura, come un’ ambrata dai profumi floreali e dal sorso pieno che vanno ad arricchire il boccone. Terminato il pasto, magari consumato all’ombra di uno degli splendidi monumenti storici di queste città, si può credere con certezza al proverbio siciliano “pani e panelli fanu i figghi beddi” (pane e panelle fanno i figli belli).

Due piatti di pesce, entrambi inseriti nella lista dei prodotti tradizionali italiani stilata dal Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che devono essere assaggiati sono “Pasta con le sarde” (a Palermo) e il “Pesce spada alla ghiotta” (a Messina). Quest’ultimo è una ricetta semplice dove alla freschezza del pesce si aggiungono i sapori mediterranei del pomodoro pachino, dei capperi, della cipolla e i profumi della macchia aromatica sicula. In abbinamento? Una lager con cristalli di sale per bilanciare la sapidità ed esaltare i sapori del mare.

Le sarde a beccafico vengono squamate e sviscerate, arrotolate e farcite con uva passa, pangrattato, aglio, prezzemolo, pinoli. Al termine di aggiunge un pizzico di zucchero e uno la buccia di un agrume. Ad accompagnare questo piatto, beviamo una birra artigianale dai toni amaricanti, che rende il paring di altissimo livello.

Ritorneremo ancora in Sicilia, terra davvero molto ricca di tradizioni culinarie.

Terminiamo questa puntata con una piccola gustosa provocazione.

Uno dei dolci più apprezzati della tradizione siciliana è la pasta di mandorle. Di vario tipo e di diverse tradizioni locali, sono dolci con coperture differenti, glassati o meno, alcuni con l’aggiunta di una ciliegia o di altra frutta candita. Da provare bevendoci una “IGA” (Italian Grape Ale), birra che dimostra un bel carattere dinamico e un sorso molto piacevole, grazie all’aggiunta di mosto di vino in fermentazione.

Oggi ti porto in… Sardegna

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

La cucina regionale è una delle espressioni più autentiche della nostra splendida Italia. Ogni territorio possiede una ricchezza agroalimentare di eccellenza ed una affascinante molteplicità di ingredienti e ricette. Ognuno di noi, tornando con la mente alle proprie origini, riesce a percepire anche il profumo di ciò che cuoceva nelle pentole in cucina o veniva portato in tavola con orgoglio e affetto, nelle occasioni familiari. Dal ragù della domenica, ai frutti di ogni tipo, alle torte salate che, solo sentendone il nome, sono capaci di portarci in un lampo nei luoghi dove la loro ricetta è tramandata di generazione in generazione.

Un vero e proprio viaggio del gusto che ci porterà a scoprire gustose ricette, piatti che regalano gioia al palato e agli occhi. E quale miglior abbinamento per le specialità regionali di una buona birra? Sarà questa l’altra metà del gusto, diverse tipologie di birra, provenienti da diversi Paesi per esaltare i sapori e accendere la convivialità.

Dalle lager, alle ambrate, dalle Bock, alle rosse, dalle birre di abbazia a quelle non filtrate. Ognuna di esse è perfetta per un sapore tipico che sia intenso, delicato, piccante o profumato.

La prima tappa è in Sardegna per scoprire la “Fregola” ingrediente storico e di tradizione che viene utilizzato in gustose ricette in ogni zona dell’isola.

La fregola è una pasta tipica sarda preparata con semola di grano duro.

A seconda dei diversi territori, assume nomi differenti come fregua, succu, cascà o pistitzone. In ogni caso è dal formato di questa pasta che ha origine il nome, pare infatti derivare dal latino ferculum, “briciola”. La fregola è un insieme di piccole palline irregolari che nascono lavorando l’impasto di semola e acqua. Successivamente vengono tostate in forno e assumono colore e sapore. In alcune zone, ad esempio il Campidano, viene aggiunto all’impasto dello zafferano fresco.

La forma ricorda il cous cous del nord Africa o più semplicemente un riso.

La storia della fregola risale a oltre mille anni orsono quando giunse in Sardegna, probabilmente grazie agli scambi commerciali di Fecnici e Punici. Quel che è…..

Se ne ha traccia con certezza nello Statuto dei Mugnai di Tempio Pausania, risalente al XIV secolo, dove la sua produzione veniva permessa solo dal lunedì al venerdì, per poter conservare l’acqua per i lavori agricoli previsti nel fine settimana.

La fregola si presta a diverse tipologie di cottura e, soprattutto a numerose ricette, tutte da provare. Nella zona dell’Ogliastra, battuta dai venti e profumata dalla macchia mediterranea, con il verde delle alte colline e le tinte azzurre e blu del mare la ricetta è “Fregola con le arselle” in dialetto “Fregula con còcciula”.

Il metodo di cottura è simile a quello del risotto, si bagna la fregola con il brodo di cottura delle arselle (conosciute anche come vongole o telline) e si cuoce con i sapori preferiti e della passata di pomodoro. A fine cottura si aggiungono le arselle (già portate a ebollizione).

Con un piatto saporito dal mare e di bella consistenza al palato possiamo abbinare una “birra non filtrata” per completare le affascinanti sensazioni di gusto. Dal sapore pieno e dal colore dorato, conserva una intrigante velatura, grazie alla naturale decantazione nei tini di fermentazione. Una birra “gastronomica” perfetta per un abbinamento della tradizione. In Sardegna la producono con puro malto d’orzo, un sorso che, come la fregola, trasmette in un istante tutta l’anima sarda, fatta di personalità carattere e orgoglio.

Sempre dal mare arrivano per condire la fregola, scampi e gamberi, pesci di scoglio per un perfetto ragù, cozze. A queste specialità abbiniamo una birra francese, proveniente da Strasburgo e dedicata proprio ai pescatori, la “Biere di Pecheur”. Piacevole carattere, una lager di gustosa e piena declinazione e una piacevole lunghezza del sorso.

La seconda ricetta tutta da provare è tipica di Alghero la “Paella Algherese” rivisitazione tutta sarda della celebre ricetta spagnola. Questa ricetta è stata creata durante i festeggiamenti per i 900 anni della città. La lunga presenza spagnola portò anche le sue culture, tra le quali quella gastronomica. La fregola sostituisce il riso e agli ingredienti di mare come calamari, cozze e gamberoni, si aggiungono quelli di terra con la salsiccia di maiale, pollo e le verdure: cipolla peperoni, piselli e pomodoro.

A insaporire il piatto si aggiunge in cottura lo zafferano. Infine il tocco tutto isolano prevede a piatto ultimato una bella grattugiata di bottarga di muggine dal tipico sapore.

Un piatto che declina sapori e consistenze cui possiamo abbinare una birra ambrata di abbazia con garanzia di essere prodotta da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo.

Perfetta una trappista belga di Vallonia. Nel bicchiere l’aspetto della birra ambrata è davvero invitante, con riflessi ramati e una schiuma cremosa. I profumi sono affascinanti, fruttati e intensi. Il sorso è unione di dolcezza e amarezza in ottimo equilibrio. Perfetta per l’unione terra e mare presente nel piatto. In alternativa una legger spagnola unisce nel bicchiere le due culture che hanno originato la ricetta, quella di Alghero e quella della Catalogna.

La fregola si acquista anche già pronta per essere cotta, oppure si può preparare “a mano” lavorando semola e acqua, fino ad ottenere le piccole palline da far poi tostare in forno.

Curiosità sul servizio della birra sarda in bottiglia. La bottiglia stappata è avvolta in un panno o un tovagliolo per far sì che mantenga intatte le sue caratteristiche.

Birra in Polonia: la tradizione storica e la forza dei piccoli artigiani

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La tradizione birraria in Polonia è molto antica e risale al Medioevo. In quel periodo la birra era così diffusa, che la parola “piwo”(birra) significava letteralmente “napój”(bevanda).

Secondo alcune fonti a quei tempi la birra era bevuta addirittura più dell’acqua perché, grazie alla lavorazione, la si riteneva maggiormente sicura, a differenza appunto dell’acqua che conteneva numerosi batteri.

Gli stili di birra, che venivano prodotti in Polonia, seguivano per caratteristiche le influenze britanniche, baltiche e germaniche.

Il birrificio più antico riasle al XII secolo e lungo i secoli la birra non ha mai perso spazio nelle abitudini di consumo dei polacchi. La produzione e la distribuzione sono cresciute grazie al lavoro, come in altri Paesi del continente europeo, dei monaci e delle storiche fabbriche di birra.

Fino a giungere agli anni contemporanei, con lo sviluppo di produzioni, dai numeri decisamente maggiori, e da un fiorire di piccoli produttori artigianali.

Le tipologie più diffuse restano le Pilsner e le Lager, ma la creatività e la passione dei piccoli birrifici ha sviluppato una piacevole geografia brassicola, con microbirrifici indipendenti regionali, pub ed eventi molto popolari come il “Warszawski Festival Piwa” a Varsavia, la più grande e frequentata manifestazione di birre artigianali in Polonia. Da tenere in conto che la Polonia mantiene, riscoprendole, alcune birre dallo stile molto tradizionale e di conseguenza interessanti. Uno di questi è il “Grodziskie” che combina il gusto del malto di frumento affumicato, principalmente con legno di quercia, alla spinta ben definita e amara dei luppoli. Nella produzione brassicola polacca, possiamo distinguere anche la “Porter baltica” nata nel diciottesimo secolo proprio sulle sponde del Mar Baltico. Una birra scura di bel carattere, con malto e caramello, dai sentori pieni di frutta rossa e frutta secca. Intensa e di grande soddisfazione.

Differente ma non meno interessante, la Grodziskie, una birra di frumento, caratterizzata da bollicine brillanti e ben definite che possono ricordare quelle dei vini spumanti, tanto da meritare il nomignolo di “champagne polacco”.

Nel panorama della cultura della birra, la Poloniamantiene saldamente la terza posizione per consumi a livello europeo, con 93 litri pro capite.

Uno dei marchi più conosciuti è la Tyskie, che detiene circa il venti per cento del mercato domestico ed è prodotta nel birrificio Kompania Pivovarská di Cracovia.

Si stanno rapidamente moltiplicando i marchi di birre artigianali, che utilizzano materie prime, come i luppoli a filiera corta da territori specifici del panorama agricolo della Polonia. Tra gli altri possiamo citare la Kormoran, a Olsztyn, la Pracownia prodotta nel villaggio di Modlniczka, la AleBrowar di Lebork o la Browar Artezan nella città di Varsavia. Dal sapore deciso, ma elegante e piacevole la birra artigianale della Pomerania, prodotta dal birrificio Browar Amber di Bielkówko.

Nella città di Żywiec, viene prodotta una piacevolissima lager, dal sorso fresco e ben equilibrato nei sentori.

Quello che emerge è che la Polonia, con la sua grande tradizione brassicola riscopre e valorizza gli stili tradizionali, dando spazio e forza alla mano artigiana dei piccoli birrifici: i risultati dei prossimi anni, saranno certamente di grande gusto.

La birra in Repubblica Ceca: qui nacque la Pilsner

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È la volta della Repubblica Ceca, dove prosegue il nostro viaggio nei Paesi dell’Unione Europea per conoscerne ed apprezzarne la storia brassicola, le abitudini birrarie e, ovviamente, le birre. Gusti e sapori autentici e differenti nazione per nazione.

È proprio a Praga, capitale della Repubblica Ceca, che si annovera il più antico birrificio della nazione, risalente al 993 e presente nel monastero di Brevnov.

La città di České Budëjovice è invece stata di ispirazione per dare il nome al celebre marchio della birra Budweiser.

L’11 novembre 1842, durante la festa di San Martino, nacque nella città di Plzeň una birra chiara e trasparente, dalla morbida schiuma e un aspetto completamente diverso da tutte le birre sino ad allora diffuse, più scure, ambrate nei colori e più torbide e pastose nella consistenza. Quella chiara bevanda chiamata Pilsner sarebbe divenuta la birra più diffusa al mondo come stile di produzione. Dalla regione della Boemia, la Pilsner riscontrò fin da subito un immediato successo e, grazie al treno, nuovo rivoluzionario mezzo di trasporto, anche all’estero, fino ad arrivare nel 1871 nelle Americhe.

Sono numerosi i birrifici che vogliono imitare quel tipo di prodotto, tanto che, per tutelare la bionda Pils, i primi produttori aggiunsero la denominazione “Urquell”.

Ai giorni nostri Plzeň, rappresenta in qualche modo la capitale della birra ceca. Qui è possibile visitare il birrificio Plzeňský Prazdroj, il Museo della birra, e scoprire i numerosi birrifici presenti in città e nelle immediate vicinanze: il birrificio Budějovický Budvar (Budweiser Budvar) nella città diČeské Budějovice, il birrificio Regent a Třeboň e il birrificio Krumlov a Český Krumlov che offrono diverse esperienze birrarie.

Oggi la “České pivo”, la birra ceca, è tutelata dall’Unione Europea con il marchio “indicazione geografica protetta”.

Nel 2022, la produzione di birra in Repubblica Ceca, ha superato i 20 milioni di ettolitri, con un consumo pro capite di circa 136  litri, il più alto tra i paesi europei.

I birrifici cechi credono molto nella forza commerciale per l’esportazione, tanto che il governo, attraverso le sedi diplomatiche, organizza iniziative di promozione della birra e in particolare dei piccoli birrifici. Con questo obiettivo è stato organizzato a Milano l’evento “Den českého pivo”, giornata della birra ceca, che ha visto la presenza di rappresentanti di piccoli e microbirrifici per stabilire nuovi contatti commerciali.

Altra modalità molto interessante e ricca di fascino per scoprire le birre della Repubblica Ceca, e quella di percorrere i “Sentieri della birra”. Percorsi guidati, anche ciclabili, che consentono di assaggiare ottime birre,  conoscere la storia del territorio e godersi il paesaggio. Il Sentiero della birra di Tišnov in Moravia, conduce a piccoli birrifici locali, mentre con il Sentiero della birra dei Monti dei Giganti, un percorso di circa 35 km, si raggiunge il birrificio posto alla maggiore altitudine. Lungo il percorso sono cinque i microbirrifici locali: birrificio Hendrych – Friesovy boudy (capanni di Fries), Pivovarská Bašta (bastione del birrificio) con la birra Krkonošský Medvěd, birrificio Trautenberk, Pecký pivovar (birrificio di Pec).

Da considerare anche gli itinerari nella Boemia settentrionale e dei Monti Lusaziani.

Una curiosità: in Repubblica Ceca, la birra è anche una protagonista del benessere. In alcuni stabilimenti termali sono previsti trattamenti “alla birra” che sfruttano gli effetti benefici dell’acqua calda con l’aggiunta di birra ed erbe. La birra è infatti ricca di vitamine e antiossidanti. Grazie a impacchi di torba, ma anche di trebbie (ossia di cereali macinati fermentati) il sollievo è garantito.

A Praga e nelle altre splendide città della Repubblica Ceca non può mancare la birra da abbinare alla cucina locale delle numerose osterie tradizionali e ristoranti tipici.

Dalle zuppe come quella di brodo di manzo con gnocchetti di fegato (hovězí s játrovými knedlíčky), agli antipasti come il “chlebíčky”, un crostino su cui si spalma insalata di patate e prosciutto arrosto (quello che in Italia chiamiamo “di Praga”).

In fine il “guláš” celebre stufato di manzo e maiale cotto con spezie e cipolla, servito con crauti lessi e cipolla fresca. Tra le birrerie storiche da visitare la U dvou koček (Dalle due gatte) aperta nel 1678. Anche la U zlatého tygra (Dalla tigre d’oro), dove nel 1994 l’allora presidente ceco Václav Havel offrì una Pilsner al presidente americano Bill Clinton.

Birra in Scandinavia: un puzzle di tradizione e sapori

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La Scandinavia è un’area che comprende per ragioni geografiche, storiche e culturali, alcune nazioni del Nord Europa, dalla Norvegia alla Svezia, dalla Finlandia alla Danimarca. Un territorio, nel suo complesso, dove le attività brassicole hanno profonde e antiche radici e tecniche di produzione che spesso si sono mantenute tali con un costante e geloso passaggio generazionale di competenze e piccoli segreti.

Ad esempio, il lievito utilizzato era il medesimo con il quale si produceva il pane e veniva custodito con grande cura nelle fattorie. Come in diversi altri Paesi tra quelli che abbiamo descritto e conosciuto, anche la Scandinavia ha le sue birre del territorio, con caratteristiche differenti da luogo a luogo.

Nella Finlandia del Sud è presente la birra Sahti. Non è filtrata né pastorizzata, si presenta leggermente torbida, dal sorso di ottimo carattere, molto identitaria della cultura rurale di un territorio dove è prodotta sin dalla fine del 1700 e rappresenta la bevanda celebrativa dei momenti importanti.

Si tratta di birre dalla storia antica e molto interessante, difficile trovarle fuori dai Paesi di origine, come accade per la Gotlandsdricka in Svezia o la Maltøl in Norvegia.

Sempre in Norvegia, troviamo birre prodotte con lo stile “Stjørdalsøl” molto antico, detto della “birra affumicata. Poco conosciuto all’interno dei confini della Nazione, questo stile continua ad essere utilizzato nella contea del Nord-Trøndelag, ora divenuta Trøndelag, sull’incantevole fiordo di Trondheim. La zona di produzione dello Stjørdalsøl è circoscritta tra le città di Stjørdal (da qui il nome dello stile birrario), Skjelstadmarka, Skatval ed Hegra.

Una cultura della birra, quella scandinava, che si declina con prodotti molto interessanti e di grande soddisfazione, come le Raw Ale, birre con una caratteristica fondamentale: il loro processo produttivo non prevede bollitura. Queste birre stanno vivendo oggi un periodo di grande interesse e diffusione.

Si assiste inoltre alla crescita sia numerica che qualitativa dei birrifici artigianali in Svezia, Danimarca e Norvegia. Tra le numerose realtà, una delle più conosciute è Mikkeller, fondata a Copenhagen nel 2006 dall’insegnante Mikkel Borg Bjergsø e dal giornalista Kristian Klarup Kelle. I due si ispirano ad alcuni piccoli produttori statunitensi che amano rompere le regole per ricercare qualcosa di originale e di alta qualità. Introducono ingredienti particolarmente ricercati come foglie di avocado, frutti del litchi, il chipotle(peperoncino affumicato dall’intenso aroma).

Decidono di concentrarsi sulle ricette prendendo in affitto gli spazi produttivi quando necessario. Un sistema che viene definito ‘gypsy brewing(birrificazione nomade), ancora utilizzato da Mikkeller, nonostante l’azienda si sia stabilizzata per dimensione e mercato.

Sulla costa occidentale della Svezia viene prodotta dal birrificio Stigbergets, una IPA di ottimo equilibrio dai sentori pieni di malto e note agrumate di lime e mandarino.

Se inoltre vogliamo individuare la città “capitale della birra” in Scandinavia, questa è senza dubbio Stoccolma, dove numerosi sono gli indirizzi di birrerie storiche e locali contemporanei dove protagonista è sempre la birra. Un quartiere dove la scelta è sicuramente ampia è quello di Sodermalm, una delle quattordici isole principali che formano la città di Stoccolma. Tra i numerosi indirizzi vale una visita l’Akkurat, un bellissimo accogliente Pub, dove la scelta quasi infinita di birre, si abbina ad una cucina appagante.

E ovviamente, in ogni Paese scandinavo quando si alzano i boccali per un brindisi in compagnia si dice “Salute”. In Danimarca il termine è “Skål”

La birra in Grecia: un arcipelago di piccoli birrifici

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In Grecia si produceva e consumava birra sin dai tempi più antichi, la bevanda aveva un suo preciso ruolo nell’alimentazione, nelle consuetudini degli scambi commerciali e nei rituali misterici che si celebravano ogni anno nel santuario di Demetra nell’antica città di Eleusi.

Negli scritti di Ateneo, la birra era composta da orzo, miele ed erbe e veniva bevuta dagli eroi omerici. La bevanda era fermentata a caldo, di bassa gradazione e aveva proprietà nutrienti, purificanti e tonificanti e, a differenza di altre bevande, non era utilizzata per inebriarsi.

Il termine greco “zythos” comprendeva diverse birre chiare e poco alcoliche, che venivano consumate volentieri dai legionari romani. Nel mondo romano questo termine distingueva la birra che seguiva la lavorazione dell’Egitto, da quella di matrice celtica, detta anche “cervogia”: birra rossa o brunastra, ricavata dalla fermentazione di cereali e malto, uniti a percentuali minori di grano e avena.

Furono i Cretesi a iniziare una lavorazione più moderna della birra diventandone presto i principali consumatori. In particolare, erano le donne a festeggiare ad ogni primavera la dea Demetra, dea dei raccolti e delle messi, bevendo la bevanda fresca.

Venendo all’era moderna, fu nel 1864 che Ioannis Fix fonda a Kolonaki, all’epoca periferia di Atene, un piccolo birrificio, dando vita alla prima birra prodotta nel Paese e al marchio “Fix” che resta sul mercato greco per oltre un secolo.

All’inizio del ventesimo secolo i birrifici greci diventano quattro, due ad Atene, uno al Pireo e uno a Patrasso. Il consumo della bevanda si diffonde negli anni successivi si assiste al fiorire di nuovi birrifici sull’intero territorio.

Nel 1959 è la volta della “Hellenic Brewery SA” seguita nel 1963 dalla “Althenian Brewery”, il più grande e storico birrificio greco, che introduce nel mercato greco la birra Amstel nel 1965 e la birra Heineken nel 1981.

Dalla storia antica ai giorni nostri, la Grecia, come tutti i Paesi Mediterranei dal clima caldo e dalla geografia marina ricca di coste e isole, ha sviluppato un grande gusto per la birra. Il consumo cresce nella stagione estiva quando il bel tempo invita a rinfrescarsi con un’ottima birra fredda. Anche la cucina del Peloponneso ben si abbina alle più diverse referenze birrarie. Per queste ragioni nel corso degli ultimi due decenni sono nati numerosi birrifici artigianali nelle isole principali, in quelle minori, e ovviamente nella capitale Atene.

Creta ha più di 10 birrifici e tutti hanno raggiunto una buona qualità grazie alla passione dei mastri birrai. Si è sviluppato anche un modello di visita che ricorda quello dell’enoturismo, una gita nell’entroterra per sfuggire al caldo delle spiagge e approfondire la propria cultura birraria.

A Heraklion ecco il birrificio Kasta, nel cuore della città, con sette birre artigianali alla spina. Percorrendo pochi chilometri, nel villaggio di Kallithea, il birrificio Solo propone cinque birre alla spina e diverse referenze in bottiglia.

Questi birrifici artigianali producono ogni stile di birra: dalle Lager alle rosse, dalle Stout alle IPA.

Anche nella zona di Chania si trovano alcuni interessanti indirizzi: il birrificio Xaos e la più piccola e giovane realtà del birrificio Azatis (che in greco significa libertà) che propone una piacevole Weiss, la “Agrimi”, e la “Falconi” più intensa e dai toni mielati.

Nell’ aperta campagna dell’entroterra, si trova il villaggio di Agios Georgios dove ha sede il birrificio artigianale Rethymnian che oltre ad una lager e una blond di maggior carattere, producono una notevole birra scura, una dark Ale.

Carattere, profumi freschi e sentori intensi caratterizzano le birre greche, in crescita dal punto di vista qualitativo e della selezione degli ingredienti. Alcune realtà si sono distinte in concorsi birrari come il microbirrificio Nissos che ha vinto una stella d’argento europea o il microbirrificio Septem, che ha vinto il premio “Brewer of the Year” per l’Europa.

In tutta la Grecia si trovano oltre cento realtà produttive da Santorini a Mykonos, da Creta a Corfù, Rodi o Chios e, oltre alle maggiori città quali Atene, Salonicco, Patrasso, Sparta, Olimpo e Kalamata, si produce anche nelle isole più piccole, tra le quali Samotracia, Tinos, Ikaria.

Quando ci si trova nella capitale vale la pena organizzare una visita al birrificio Athineo, dove oltre alla storia della bevanda e molte curiosità, si trova una vasta scelta in degustazione.

Per approfondire ancora la gamma delle birre greche ci si sposta al Pireo per scegliere, vista mare, tra birre provenienti da tutta la Nazione

Infine a Patrasso il birrificio Kykao, nato dalla passione di cinque soci che si definiscono piccoli e indipendenti e che hanno l’obiettivo di lavorare alla massima qualità nel pieno rispetto dell’ambiente e della sostenibilità. Dalla loro apertura nel 2020, hanno lanciato più di cinquanta diverse birre.