Skip to main content
Category

Newsletters

Oggi ti porto… a mangiare il pesce in giro per il mondo

By Newsletters

Su circa settemila specie di pesci esistenti al mondo, cinquecento sono edibili.
Secondo i rapporti “FAO” si consuma una maggior quantità di pesce d’allevamento, rispetto a quello pescato, per il fatto che anche il mare segue una sua stagionalità.
I mercati del pesce di tutto il mondo sono ricchi di fascino, basti pensare a quello giapponese del distretto di Toiosu a Tokyo, il più grande del mondo, nato nel XVI secolo. Sui banchi centinaia e centinaia di pesci, frutti di mare, crostacei e molluschi.
Interessanti anche quello spagnolo di Madrid, il Billingsgate a Londra, il Fischmarkt ad Amburgo tuttora nella storica sede del Fischauktionshalle, costruita nel 1700, fino al mercato del pesce di Sidney, molto frequentato fin dalle prime luci dell’alba.
Di grande bellezza diversi mercati del pesce italiani da Catania a Palermo fino a quello cittadino di Milano, dove dalle aste dell’Asia giungono i migliori esemplari, pescati poche ore prima.

Da queste straordinarie materie prime, che il mare ci offre, nascono specialità gastronomiche e ricette tradizionali o contemporanee, tutte da scoprire.
Iniziamo, dunque, a conoscere piatti tipici di pesce nei diversi Paesi, abbinandoli come di consuetudine ad ottime birre.
Diffusa in Inghilterra e in Irlanda, ma anche nella lontanissima Nuova Zelanda è la “Seafood chowder” una zuppa densa e saporita con frutti di mare e pesce misto, cotti con latte e qualche cucchiaio di panna. In alcune versioni troviamo anche i molluschi. Perfetta in abbinamento la “Mönchshof Bockbier” prodotta in Germania. Il sorso è pieno e intenso, dal colore brillante e dal gusto pieno ed asciutto, accompagnato dall’aroma dei malti migliori. Ottimi anche i profumi tra spezie e dolcezze.

Ora è tempo di viaggiare oltreoceano per atterrare tra le specialità di una delle cucine sudamericane che più riscuote successo nella contemporaneità del “fine dining”, pur mentendo intatta la tradizione. Pesce freschissimo e una marinatura dalle mille sfaccettature ( indispensabile il lime) sono le caratteristiche di questo piatto molto apprezzato, il Ceviche. Per marinare al meglio si aggiungono cipolla rossa cruda, peperoncino fresco a fettine e coriandolo, anch’esso fresco. I pesci più utilizzati sono Cernia, Sgombro e Sardina, ma anche le varianti con i crostacei o il polpo, sono davvero gustose. Per accompagnare i sapori intensi, acidi e tropicali del Ceviche una lager dal carattere non troppo profumato è perfetta. Le caratteristiche di una Heineken spillata a dovere sono quelle giuste: freschezza, equilibrio, una bella identità e un sentore erbaceo che ben si sposa con la marinatura del Ceviche.  Ottima anche la Lager Foster’s, anch’essa dal sentore erbaceo di luppolo, con un sorso aperto e semplice che soddisfa il palato.

Se dal Cile non torniamo indietro, ma teniamo la rotta, ci attende l’Australia dei ristoranti con le terrazze a Sidney e con i giardini a Melbourne. Una scelta particolare ci porta a scoprire il “Barramundi” pesce bianco sia di acqua dolce che di acqua salata, dalla polpa soda e gustosa. Può assomigliare al tonno o al pesce spada, è pregiato e molto tipico. Lo si pesca nelle lagune, negli estuari e nei fiumi, in particolare nella zona di Darwin. Là praticamente ogni famiglia ha la propria ricetta. Come antipasto, prima del Barramundi, sono perfetti i “Crayfish” gamberi di fiume dal sapore dolce e delicato. Per accompagnare queste specialità australiane, scegliamo una birra degli Stati Uniti, “Lagunitas IPA” dorata e brillante: note balsamiche e agrumate in gustoso equilibrio con una finale nota amaricante di bella matrice.

Di ritorno dal Sud America e dall’Oceania, ci attende la cara vecchia Europa, in uno dei suoi tratti di mare francese, più conosciuti in tutto il mondo: la Costa Azzurra.
Qui uno dei principi della tavola è senza dubbio il “Plateau Royal” e il piacere di goderlo “pieds dans l’eau” in uno dei deliziosi stabilimenti balneari con ristoranti di ottimo livello. Il tipico piatto consiste in una vasta scelta di “crudi” dove regnano le conchiglie. Dalle ostriche di differente tipologia e provenienza, ottime le bretoni, ai buonissimi “Bulots” ai gamberetti rossi, piccoli e saporiti. Dalle capesante, ai fasolari, alle lumache e lumachine di mare (per queste ultime, è necessario un piccolo ferretto per estrarne la polpa). A seconda della tipologia, troviamo anche il granchio, l’astice e grandi scampi. Il “Plateau Royal” viene servito su due vassoi circolari sovrapposti e appoggiati sulla tipica “alzata” in metallo che valorizza la scenografia del servizio. Alla sontuosità della scelta di crudi, abbiniamo una triplice opzione.
Una birra di struttura e carattere, di bella identità e sapore deciso come la Murphy’s Red, ambrata irlandese dal sorso notevole e dalla piacevole caratteristica di ribes e caffè.
Seconda possibilità, ancora dall’Irlanda è il “Sidro Magners mela”,  composto da diciassette diverse varietà di mele e affinato in botte fino a due anni. Le papille gustative trovano un intrigante contrasto con la purezza dei molluschi.
Come terza possibilità, osando un poco, una pinta di Guinness: scura, tosta e tostata pone una netta differenza tra sorso e boccone. Assolutamente da provare.

Restiamo in Europa per gustare le tipiche “Tapas” protagoniste dell’aperitivo in Spagna. Piccoli bocconi (ricordano i nostri cicchetti veneziani) che ben introducono alle specialità di mare. Dal “Polpo alla galiziana” ai calamari fritti, dalle cozze servite con limone o pomodoro e uno spunto piccante, alle seppioline grigliate. Per rinfrescare il palato e godersi la serata senza alcool, vogliamo abbinare “Dreher Lemon Radler Zero” con il sapore del piacevole mix tra limone e birra analcolica.

Per terminare il nostro “Giro del Mondo del Mare” non può mancare una tappa nel continente africano, con uno dei piatti mediterranei per eccellenza: il “Cous Cous di pesce” nella ricetta originale del Marocco. Una ricetta ricca, leggermente speziata, di grande identità della storia della cucina sin da tempi molto antichi. Abbiniamo una birra che regga con eleganza la pienezza dei sapori, e si abbini con un sorso di bella spinta. Una Ale ambrata belga, parliamo della Pauwel Kwak: note speziate e fruttate anticipano il gusto ricco, complesso e di decisa struttura.

Oggi ti porto in Giappone…

By News, Newsletters

Il Sushi come lo conosciamo, fu ideato da Hanaya Hyoei, cuoco giapponese conosciuto con lo pseudonimo di Yoshi, intorno al 1820 nella città di Eco, la odierna Tokyo.
Il Sushi diviene con il passare dei secoli simbolo della cucina giapponese, la quarta più diffusa nel mondo intero. Bello ricordare che al primo posto c’è la nostra cucina italiana.
Con le diverse tipologie di piatti che possiamo annoverare nella categoria sushi si sono cimentati veri maestri di questa complicata arte gastronomica, i Sushi Chef (in giapponese Itamae) che hanno nobilitato con grandissimo talento la tradizione del Sol Levante e creato vere e proprie scuole di insegnamento.

Il nostro viaggio alla ricerca di sapori eccellenti e abbinamenti birrari che soddisfano palato e cuore, prosegue dunque esplorando la cucina giapponese, ma … non parleremo di Sushi.

Abbiamo scelto di farvi conoscere i piatti della cucina giapponese che proviene da forni e fornelli, griglie e pentole abbinata – come sempre – ad ottime birre. Una cucina, dalla storia millenaria che conserva con gelosia e precisione le proprie tradizioni, detta “Washoku”, che dal 2013 è nell’elenco dei Patrimoni Immateriali dell’Umanità.

Dalla tipica “Bento Box” scatola tradizionale dove comporre il proprio pranzo, ai “Ramen” dai mille sapori, ad ottimo street food, fino alla cena con ottime zuppe, pesce e carne e riso in accompagnamento.

Tutte specialità che in Italia hanno trovato ottimi interpreti e indirizzi di gusto.

Ecco la nostra Bento Box con polpette di polpo, anguilla laccata insalata di alghe e riso bianco in accompagnamento. A questo pranzo ricco di sapori abbiniamo un duplice stile birrario. Perché proprio di stile si parla, da quando, nel 1977, lo scrittore inglese Michael Jackson introduce con la sua nella sua “the world guide to beer” i nuovi concetti di cultura e geografia brassicola. Quindi a bassa fermentazione come le Pilsner o le Lager tedesche e americane, oppure ad alta fermentazione come le belghe Triple o Saison. Tra intensità aromatica, tendenze amare, dolci o speziate, i diversi stili birrari soddisfano sempre e pienamente la nostra voglia di una buona birra. È con la Bento Box è proprio una Pilsner, stile nato in Repubblica Ceca, ad accompagnare l’intensità stuzzicante di polpo e anguilla. La Maes Pils alla spina è ottima, con spiccati profumi e note ottimamente bilanciate tra luppolo e cereali. Un sorso fresco e piacevole. Per meglio sottolineare la pienezza, in particolare della glassatura dell’anguilla, buona idea scegliere una rossa irlandese. La Mc Farland Red ci porta nel mondo delle Irish Ales, invitante nel colore ambrato e fascinosa nelle note morbide, che avvolgono il palato come una carezza.

Seconda opzione di menu pranzo con Torimusu (onigiri con pollo fritto), un mix di yakitori e gyoza (ravioli alla piastra), con accanto i fagioli di soia lessati. Anche qui sapori diversi che si ritrovano con piacere sotto il medesimo abbinamento: una birra belga piuttosto ricercata, per nulla scontata nel gusto e nella declinazione olfattiva che si apre già nella schiuma persistente: la “Chouffe Golden Ale”.

Nuovo spunto, nuova tipicità gastronomica che scopriamo tra le diverse tipologie di “cibo di strada” Made in Japan. In particolare, andiamo ad Osaka dove fino ad ottobre è in corso “Expo 2025”, dove food & beverage sono da sempre stimolo della curiosità dei visitatori.
L’ Okonomiyaki è una tipica frittata di farina, uova e verza o cavolo, cotta sulla Teppan, piastra della cucina nipponica. Con l’aggiunta di pesce, in particolare piccoli gamberetti, o carne e formaggio, viene poi condita con la salsa “Okonomi” che ne arricchisce il sapore insieme alle scaglie di “katsuobushi” un particolare piccolo tonnetto affumicato e fermentato.
Una coppia di ottime birre sono pronte sul tavolo. La Birra Moretti filtrata a freddo, tipicità italiana di bella eleganza e carattere deciso. Dissetante e dal sorso facile è perfetta per il sapore deciso della speciale frittatina. Molto adatta anche una “White IPA” come la Hibu Dama Bianca. La Dama Bianca presenta belle note fruttate e seducenti e un sorso particolarmente fresco con punte speziate e agrumate.

Per terminare il nostro pranzo ecco un dolce classico giapponese: i mochi ripieni di marmellata di azuki (daifuku) o quelli avvolti nella foglia di ciliegia. Notevoli e da provare. Con cosa abbinarli per godersi una birra? Heineken 00 la nostra scelta. L’assenza di alcool consente di esaltare la dolcezza del Mochi senza togliere il grande piacere di un ottimo equilibrio di sapore e un sorso perfetto. Così da poter stappare una seconda bottiglia e proseguire il viaggio, in particolar modo se alla guida.

A cena possiamo scegliere tra le decine di varianti del “Ramen”. Il piatto di origine cinese ha conquistato un posto di rilievo nella cucina giapponese delle diverse Prefetture. Spaghetti di frumento in brodo saporito che accolgono verdure, carne o pesce. Si consuma con le bacchette, dette Hashi oppure Otemoto, per finire con il tipico piccolo cucchiaio di ceramica. Una birra classica e di ottima beva che ben supporta la consistenza del Ramen è la Paulaner “Salvator”. Questo birrificio bavarese, fondato nel 1634, dai monaci dell’ordine dei Minimi, è oggi simbolo della celeberrima “Oktoberfest” di Monaco. La “Salvator” è scura e intensa, piena e possente. Che sorso!

Perfetta anche una suggestiva artigianale italiana, “Accademia San Biagio Aurum”. Dove è ancora l’intensità e il morbido saporito equilibrio a dare pienezza all’abbinamento. Da segnalare infine, per coloro che devono evitare il glutine ecco  “Daura Gluten Free” nata in collaborazione con l’Unità del Glutine del Centro Superiore di Ricerche Scientifiche di Madrid, il massimo ente pubblico di ricerca in Spagna. Grazie alle tecnologie più avanzate si è realizzata una birra dal gusto pieno e affascinante.

Come si dice in Giappone : “Kampai”. (Salute e prosperità).

Oggi ti porto in… Calabria

By News, Newsletters

La Calabria, un mondo di incomparabile bellezza, racchiuso fra due mari che virano dall’azzurro trasparente al blu profondo con spiagge incantevoli che disegnano la costa con tratti a volte eleganti a volte selvaggi. E poi le montagne, dalla Sila all’Aspromonte, paesaggi primordiali, di una bellezza struggente quando la luce ne infiamma i tramonti o ne accarezza le albe.
Borghi ricchi di storia, luoghi di arte e cultura antica, risalente alla Magna Grecia, dove tutto ebbe inizio.
Il nostro viaggio di questo mese è dedicato alla Calabria, per scoprirne la cucina e le ricette tipiche da abbinare, come sempre, ad ottime birre.

Come ormai nostra abitudine iniziamo il viaggio da una zona ricca e seducente con una cucina altrettanto ricca di carattere: l’area Grecanica o Bovesia, dove da spiagge bellissime si volge lo sguardo sulle propaggini dell’Aspromonte.
Risaliamo geograficamente una delle “Fiumare” antichi percorsi fluviali, per giungere nel borgo di Gallicianò, dove si parla ancora il greco antico e si può visitare la Chiesa Ortodossa, tutt’ora attiva e un interessante museo etnografico. Qui il suono più frequente è quello delle campanelle delle capre, un vero rifugio per lo spirito dove il tempo pare essersi fermato.
Ed ecco che su di un tavolo apparecchiato sulla terrazza dei contrafforti del paese, giunge il tipico menu grecanico. Salumi di suino nero di Calabria, immancabile il “Capocollo”. “Pipi Chini” sono i tipici peperoni “riggitani” tondi con ripieno di pangrattato, pecorino, provola e carne trita in certe versioni.
A seguire “Maccaruni ca carni i crapa”, pasta fresca lavorata al ferretto con ragù di carne di capra che cuoce lentamente per lunghe ore. “Purpetti ‘i mulingiani” polpette di melanzana con formaggio e uova che non mancano mai nella cucina delle famiglie calabresi. Da scoprire anche la “Lestopitta” un pane sottile che viene fritto, come nella tradizione mediorientale, e farcito con carne e verdure.
Un panorama gastronomico così ricco di carattere e sapori merita abbinamenti birrari altrettanto originali e affascinanti.

Stappiamo dunque una Pils Chiara, la Cristal della Alken Maes Brasseries del Belgio. Dal retrogusto amarognolo e rinfrescante ben bilancia il carattere pieno della cucina grecanica.
Analoga capacità la troviamo nelle “Blanche” come la Blanche de Silly, ancora dal Belgio, con un bouquet di una certa pienezza ma fresco nelle note agrumate e intrigante in quelle speziate. Ben si abbina ai peperoni ripieni aggiungendo forza alla consistenza.
Perfetta con gli antipasti anche “Moretti la Bianca” per la sua spiccata freschezza, con le note speziate che regalano un sorso elegante e di ottima fattura per i sapori intensi dei “Maccaruni”.

Alle polpette di melanzana e alla Lestopitta abbiniamo una birra di maggior consistenza e corpo per arricchire l’abbinamento gastronomico con una profonda esperienza birraria. Abbaye de Forest Brune è una piacevolissima ambrata della Brasserie de Silly, equilibrata e persistente, ricca di note morbide e amaricanti che costruiscono un sorso pieno e di gran soddisfazione.
Una Lager “Extra Strong” come la Slalom, nata in Inghilterra nel 1960, porta la sua intensità senza compromessi e la ricchezza del suo bouquet ad accompagnare in modo davvero originale la Lestopitta ripiena.

Sulla costa, da Tropea a Diamante, patria del Peperoncino (qui ha sede la confraternita che lo tutela) fino a Soverato e Rossano calabro, una specialità dal gusto pieno e saporito è la frittura di pesce da mangiare come “street food” infilzando piccoli polpi, gamberi e anelli di totano, con lo stecco di legno.
Sempre nel mondo del “cibo di strada” troviamo il “panino con pesce spada”, ottimo nelle pittoresche viuzze di Chianalea, il tipico quartiere sul mare di Scilla, in provincia di Reggio Calabria.
Una fetta di pesce spada alla griglia condito con i sapori tipici di origano, limone, olio, sale e insaporito agli agrumi.
Ci sediamo sul lungomare e al fritto di pesce abbiniamo una bella novità: “Ichnusa non filtrata” in lattina. Nel nuovo contenitore, comodo da portare con sé e veloce da raffreddare, troviamo la bella consistenza e la tradizionale nota vivace e piena della birra non filtrata. Un sorso che arricchisce il fritto di pesce dando morbidezza e forza.

Sempre guardando il mare, abbiniamo con piacere al panino con il pesce spada una Heineken 00, sempre in lattina, per trovare la freschezza e il sapore di un bel sorso di birra. È il bello è poterne bere anche due o tre e mettersi alla guida per tornare a casa, ovviamente portando con sé le lattine vuote o gettandole nel corretto contenitore della raccolta differenziata.

Altro simbolo gastronomico di Calabria è “Pipi e Patate” piatto tipico contadino della cucina di tutta la regione, in caso, da arricchire con “Sasizza arrustuta”.
Abbiamo scelto di mangiarlo a Scalea, con le sue spiagge stupende e il fascino della “Costa dei Cedri” ricca di storia e tradizione locale. L’abbinamento birrario ha il privilegio di poter scegliere tra le numerose etichette di “Birra Cala” birrificio artigianale di gran qualità nato e cresciuto proprio in questa piccola cittadina costiera. Birre che esprimono tutto il carattere calabro con i suoi contrasti e la sua poesia naturale, come quella del Parco Nazionale del Pollino da cui proviene l’acqua con cui vengono prodotte. Stappiamo per prima la “Delirio” una Bock europea pluripremiata dal sorso pieno e ricco di fascino. Dal colore ambrato, esprime al naso toni maltati e caramellati con una leggera tostatura. La “Diavolicchia” è una Golden Ale al peperoncino il cui aroma e vivace sapore è perfettamente bilanciato al sorso. Ottima con la versione di “Pipi e Patate” con salsiccia.
Ma a Scalea parla anche il mare con uno stupendo “Ragù di Tonno”. Anche qui ancora una delle etichette di Birra Cala: la “Citrusina” una Blanche dai toni agrumati dove spicca il cedro, simbolo della omonima costa che ben si profila con eleganza e freschezza.

A concludere questo sentiero del gusto calabrese, due grandi classici per gusti piccanti: Nduja e Spianata Calabrese. La prima è un simbolo della regione famoso in tutto il mondo, un salame spalmabile che celebra due ingredienti principe della tradizione: il maiale e il peperoncino. Il suo utilizzo è molteplice si può gustare semplicemente spalmata su di una fetta di pane caldo, oppure per arricchire e caratterizzare un sugo, un’insalata, un panino con formaggio tipico o una salsa. La Spianata è un salume dalla forma schiacciata, preparato con le parti più nobili del maiale e anch’esso con un carattere piccante e vivace. L’abbinamento è duplice, l’uno a esaltare il piccante, l’altro a stemperarlo. La prima è la “Affligem Rouge” una birra di Abbazia di intensità profonda e sorso maestoso. Il carattere speziato esalta il piccante della ‘Nduja. La seconda è “Birra Messina Vivace” una bionda dallo spiccato potere rinfrescante, leggera e di gioiosa bevibilità, a sorreggere la spinta della fetta di Spianata.

Oggi ti porto in Puglia…

By News, Newsletters

Maggio è il mese perfetto per godersi la Puglia, davvero un Paradiso con temperature moderate e giornate soleggiate. Il suo mare, i borghi storici e soprattutto le specialità di una cucina di grande identità e concretezza, che andiamo ad accompagnare ad un’ottima birra.

Il nostro viaggio inizia su una barca con la quale, via mare, esploriamo uno dei tratti più suggestivi della costa del Gargano. Salpando dal porto di Vieste, infatti, si possono raggiungere numerose grotte marine, ampie cavità, alcune a cielo aperto dove tuffarsi o fermarsi in minuscole spiagge dove, grazie alla luce che filtra dall’alto, donando colori e riflessi unici, il relax è una vera emozione.

È il momento giusto per estrarre dalla borsa frigo una “Frisella” pugliese, tipico spuntino locale. Una sorta di ciambella rotonda di farina di grano duro, ammorbidita con l’acqua e condita a piacere con olio e pomodoro fresco a tocchetti, tonno, cipolla, mozzarella, fino ai ricci di mare. Accompagniamo questi gustosi bocconi con una Birra Moretti Zero, bella fredda. Il processo produttivo esclusivo che libera la birra dall’alcool, in modo delicato, preserva il gusto e la schiuma, la bevibilità resta morbida e vellutata con un sorso gratificante e stimolante.

Ancora i sapori del Gargano con tre specialità da assaggiare: “Ciambott”, “Paposcia” e “Caciocavallo Podolico”. La prima è una zuppa di pesce locale molto saporita, il secondo è una focaccia che viene farcita con le specialità del territorio, dalle verdure alla griglia, alla salsiccia ai formaggi. È conosciuta anche come “Puccia” a Lecce e “Puccia Caddhipulina” a Gallipoli. Il Caciocavallo Podolico viene realizzato esclusivamente con il latte di vacche di razza Podolica allevate allo stato brado o semi brado e nutrite di erbe selvatiche. Di particolare gusto e non facili da trovare sono i Murici una tipologia di molluschi davvero ottimi, dopo averli lessati, da consumare come insalata conditi con olio limone e aglio. In abbinamento a questi gioielli della cucina pugliese, tutti di bel carattere gastronomico, scegliamo alcune birre di altrettanta identità. Con la zuppa di pesce ecco la belga Maels Pils prodotta dalla “Brasseries Alken-Maes”. Profumi delicati con note aromatiche del luppolo e un bel sorso fruttato e morbido dalle note amare non troppo pronunciate. Con la Paposcia suggeriamo la “Foster’s Lager” australiana di media intensità, perfetta per rinfrescare il palato con note delicate di frutta e un piacevole bilanciamento amaricante. Birra artigianale pugliese e caciocavallo Podolico stagionato sono un connubio da provare. La Roccaforte Riserva, che compie un deciso passaggio in barrique che hanno ospitato scotch-whisky, dal tono deciso, prodotta dal birrificio “I Peuceti” di Bitonto oppure la “Taranta” prodotta dal birrificio “Birra Salento” in provincia di Lecce, a Leverano. Birra ad alta fermentazione di profilo compatto con una bella schiuma e una spaziatura che rende il sorso intrigante e ottimo compagno del Caciocavallo.

Non dimentichiamo l’insalata di molluschi, i Murici, ai quali mettiamo accanto un bicchiere di CruzCampo alla spina. Da Siviglia una birra chiara e dal carattere gentile che accompagna, senza eccessivamente coprire, il sapore dei molluschi e regala un sorso felice.

Il nostro viaggio prosegue tra le meraviglie pugliesi come la scogliera di Polignano a Mare, la baia di Monopoli con l’antico forte, le spiagge infinite di Punta Prosciutto, l’Area Marina protetta di Porto Cesareo, le Grotte di Castellana. Ma anche l’arte sacra di San Vito dei Normanni e Castel del Monte che, con la sua caratteristica pianta esagonale voluta nel XIII secolo, da Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero, resta indelebilmente impresso nel ricordo di chi lo visita.

Per rifocillarsi, dunque, tra una visita e l’altra, tra una passeggiata sulla spiaggia nello spettacolo della natura e l’intenso entroterra profumato di macchia mediterranea, sono necessarie un paio di vere e proprie, irrinunciabili, specialità.

Una delle più gustose è la “Tiella barese”. Il nome deriva da quello del contenitore (taieddha) in cui vengono posti riso, patate e cozze pronti per essere infornati. In questa teglia del diametro di poco più di 20 centimetri cuoce una vera specialità con pomodoro, cipolla, prezzemolo e pangrattato, per dare nel finale quella crosticina dorata e così saporita. Nella tradizione dei piccoli paesi, il fornaio metteva a disposizione delle famiglie del borgo il proprio forno dove cuoceva il pane, affinché le Tielle potessero essere cotte al meglio.

Irrinunciabile anche “Fave e Cicoria” sempre presente nei pranzi domenicali delle famiglie pugliesi. un purè di fave, servito con la cicoria selvatica che viene saltata in padella. Semplicità per un piatto dal gusto pieno e vivo. Perfetto anche per chi preferisce la cucina vegetariana.

Chiudiamo la carrellata dei “must to eat” con un simbolo intramontabile “Orecchiette con le cime di rapa”, vero e proprio omaggio alla Puglia. La pasta, fatta a mano dalle mamme e dalle nonne, come nei vicoli della Bari vecchia, viene condita con il diffuso ortaggio e arricchita con aglio e acciughe.

Per accompagnare questi simboli della gastronomia scegliamo due tipologie di birra tra quelle che vengono prodotte nello stabilimento di Massafra in Provincia di Taranto. Un birrificio al terzo posto al mondo per produzione di energia fotovoltaica e per numero di pannelli solari installati.

Con “Fave e Cicoria” suggeriamo Birra Dreher, sia la ricetta originale, in bottiglia, per gustate e assaporare una tipicità tutta italiana, che la “Speciale” spillata al momento e dai profumi erbacei ed una piacevole nota amara. Birra Moretti Baffo d’Oro, un grande classico brassicolo, perfetto abbinamento con la “Tiella Barese”. Per le “Orecchiette con le Cime di Rapa”, una scelta birraria dal carattere forte. Là Slalom Strong Ale Lager: un sorso ricco e intenso, dove il gusto originale valorizza il panorama olfattivo del luppolo, una birra che si ricorda a lungo.

Oggi ti porto a Roma…

By News, Newsletters

Il nostro viaggio nella cultura del territorio fa tappa a Roma, per ritrovare luoghi e sapori della capitale e sottolinearne identità e bellezza, e perché no … degustando una buona birra.

Per cominciare il suggerimento non ha vista sul Colosseo né si trova a due passi dalla Fontana di Trevi, bensì le nostre “vacanze romane” iniziano sulla sabbia di Fregene. Proprio dove i romani amano trascorrere una giornata di relax, concedendosi una fuga al mare, anche in inverno, per godersi il sole e il rumore delle onde. Un’abitudine che risale agli anni cinquanta, e consolidatasi durante il boom economico dei mitici anni sessanta. Quanti film inquadrano Alberto Sordi o Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi o Marcello Mastroianni, diretti da Dino Risi o Federico Fellini, gustare uno spaghetto alle vongole, seduti al tavolo di uno degli accoglienti ristoranti sulla spiaggia. Non ci resta quindi che immergerci in questa atmosfera con i grandi classici, “Spaghetti alle telline sgusciate” o “Spaghetti alle Vongole” perché il guscio quel sapore in più lo lascia. A seguire il fritto, a scelta del giorno o un tipico calamari e gamberi. Da bere “Lager” per un sorso dissetante e non troppo complesso, perfetto con la sapidità marina. Come l’australiana Foster’s, nata giustamente sul mare di Melbourne. Dai sentori fruttati leggeri e delicati con note di cereali e luppolo in equilibrio, regala un sorso davvero felice. Ideale anche una Heineken 0.0, di particolare freschezza, ben bilanciata, una birra che invita alla convivialità, elemento importante di un pranzo sul mare, magari la domenica che poi sarà necessario rimettersi alla guida per il rientro a casa.

È il momento di tornare in città dove, volontariamente e letteralmente, ci si perde tra le sue meraviglie. Il nostro invito è di scoprire un Museo molto particolare e di grande fascino: “Centrale Montemartini”. Il complesso era una centrale termoelettrica, trasformata, alla sua dismissione, in una sezione distaccata dei Musei Capitolini.

Terminata la visita, siamo in zona Ostiense, la vivacità gastronomica del quartiere propone diverse opzioni. Dal Bistrot con cucina romana contemporanea, a ristoranti che prediligono la scelta vegetariana, a Pub con 15 linee di birra alla spina e grande attenzione all’arte brassicola artigianale. Insomma, una cucina di scelte creative e moderne, ma sempre di gran soddisfazione. Se non si vuole rinunciare alla pasta ecco un classico rivisitato: “Fettuccine con salsiccia, pesto di menta e pecorino”. Abbiniamo Ciney Brune, una Ale belga, nata nell’omonimo villaggio, scura e ad alta fermentazione. Intensa e ricca nei sentori di frutti di bosco e miele. Di morbida struttura non rinuncia ad un piacevole tocco amaro. Dagli anni ‘80, esiste anche la Ciney Blonde, una Strong Ale chiara, altrettanto intrigante nei profumi e gratificante nel sorso.

Tra le bellezze di Roma, un altro museo merita il viaggio. Si tratta del “Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia” che custodisce, tra le bellissime opere, il “Sarcofago degli Sposi”, un capolavoro celebre in tutto il mondo. Da non perdere anche gli spazi esterni e dei giardini, con una splendida statuta di Ninfeo, delle due ville rinascimentali che ospitano il museo.

Dopo i tesori etruschi, è giunto il momento di un altro tesoro di Roma: la Matriciana. Ingiustamente tenuta in panchina, rispetto alla Carbonara, è una vera meraviglia, con quel tocco di piccante che soddisfa appieno. La ricetta, antica e popolare, è codificata e certificata dal Comune di Amatrice. Gli ingredienti sono rigorosamente spaghetti, guanciale di Amatrice, pomodori pelati e pecorino romano dop. Unica concessione all’era moderna, l’utilizzo dei bucatini. Duplice scelta per la birra in abbinamento. Restiamo a Roma con il birrificio artigianale Rebel’s. In un casale sull’Ardeatina, circondato dal verde, i quattro giovani ribelli e appassionati soci producono ben quindici referenze. Tra queste scegliamo la “Tempura Crunch” note speziate e agrumate che richiamano lontane atmosfere asiatiche e ben si sposano con la intensità del primo piatto. In alternativa, o perché no degustarle entrambe, una birra rossa, anch’essa in linea con le sensazioni intense. La “Murphy’s Red” è la nostra scelta. Aromatica, note fruttate, intensa ed equilibratamente amaricante.

Ma possiamo gustare Roma, senza un “Carciofo alla Giudia”? Praticamente impossibile. La meta è il quartiere ebraico, precisamente via del Portico d’Ottavia dove il tipico piatto viene eseguito a regola d’arte, rendendo il carciofo una sorta di bellissimo fiore croccante fuori e tenero dentro. Del carciofo già scriveva nel 77 d.c. Plinio il Vecchio. “Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero” parole che negli anni ‘50, il poeta Pablo Neruda dedicava all’ortaggio. In abbinamento è il momento di scoprire una India Pale Ale, conosciuta con l’acronimo IPA, birra dallo stile audace, a volte coraggioso che declina con originalità sapori intensi e amari. Tra le molte ci piace indicare la californiana Lagunitas IPA realizzata con la bellezza di 43 varietà diverse di luppolo e 65 tipi di malto. Rinfrescante, persistente, giustamente ricca di sensazioni e sapori.

Il nostro percorso del gusto, nella Capitale, chiude in bellezza con due specialità della cucina romana, che andremo a gustare a Trastevere, iconico quartiere capitolino. E precisamente partiamo da via San Cosimato 7. Sul muro di questa casa è apposta una targa che celebra la nascita dell’attore Alberto Sordi, avvenuta il 15 giugno del 1920. Più Romano di così …

Regno di una cucina tipica e popolare, Trastevere offre una bella scelta di osterie romane dalle atmosfere autentiche e conviviali. Proprio in una di queste vanno assaggiati “Trippa alla Romana” e “Supplì”. Piatti dai sapori ricchi e invitanti, ricette immutate nel tempo e rappresentazione quasi onirica del sapore di Roma. Abbiniamo due birre di altrettanta forza, di bel carattere e di nobile matrice. Una strong lager, dal deciso grado alcolico come la Bulldog dall’aroma molto elegante e identitario ed un sorso appagante sotto tutti i punti di vista, è perfetta con la trippa e la sua pienezza. Con il Supplì, piatto concreto, ma al medesimo tempo, non eccessivamente impegnativo, cerchiamo la freschezza di una Radler. La ricetta nata in Germania nel 1922, prevede l’unione tra birra e succo di limone. Una miscela di grande freschezza, dissetante, di bassissima gradazione e di sapore energico per la spinta agrumata. Scegliamo il bel sorso della Dreher Limone.

Oggi ti porto a Napoli…

By News, Newsletters

Napoli è ospitalità, talento e artigianalità del gusto, che diventa passione gastronomica. In questo meraviglioso angolo di mondo portiamo oggi la nostra voglia di abbinare a piatti tipici birre di alta qualità. Il tutto ammirando uno dei panorami più belli di sempre: il golfo di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo.

Anche passeggiare per via dei Tribunali o per i Quartieri Spagnoli, salire le vie di Forcella e perdersi in via San Gregorio Armeno, regno dei “presepari” è davvero uno spettacolo.

Sul lato gastronomico ci tuffiamo convinti nelle specialità dello street food dalle pizze fritte a quelle “a libretto” (piegate in quattro) per non perdere la salsa di pomodoro. Imperdibile il “Cuoppo” di mare o di terra, un cono di carta spessa che funge da contenitore del fritto, con piccoli pesci come le alici, totani a pezzetti, baccalà e frutti di mare oppure crocchè di patate, mozzarelline fritte, verdure in pastella come melanzane e zucchine in quello di terra. Quale miglior abbinamento di un grande classico come Birra Moretti Baffo d’Oro. Lager fresca, piena e compatta, dal perfetto equilibrio gustativo tra le noti più morbide e quelle amare; è prodotta con il miglior malto d’orzo italiano e con un solo luppolo lo spalt bavarese, una varietà fra le più antiche.

Passiamo ad una tipicità stagionale, ma talmente buona che la si trova praticamente sempre: il “Casatiello”. Le origini di questo gustosissimo lievitato ripieno risalgono al 1600 ed è citato in una favola scritta da Giambattista Basile dove è protagonista di un banchetto reale per celebrare una bella fanciulla. “E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che ’nce poteva magnare n’asserceto formato.” Il passo celebra sapori e abbondanza in pieno stile partenopeo. Questa ciambella salata contiene formaggio, salame, ciccioli e uova. Sapidità e morbidezza conquistano con un morso davvero intrigante.
L’abbinamento birrario è duplice, una lager di media intensità come la Ichnusa Ambra Limpida, dall’equilibrio unico tra freschezza e intensità, con note erbacee che ben “sgrassano” il ripieno intenso del Casatiello, Per chi desidera spingersi oltre abbiniamo una birra friulana del Birrificio Giulia che produce, tra le valli del Monte Mia (da cui proviene l’acqua di lavorazione), a “Sud” una birra nera doppio malto prodotta con metodo artigianale, ad alta fermentazione. Non viene filtrata né pastorizzata e si presenta dal colore molto scuro, con schiuma color caffellatte e un panorama olfattivo ricchissimo. Sorso intenso e ricco di sentori come caramello e ciliegia.

Era il 7 dicembre 2017 quando, con voto unanime dell’assemblea, “L’arte dei pizzaiuoli napoletani” è stata proclamata dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.
Le storiche pizzerie, che hanno mano mano aperto sedi nelle principali città Italiane e all’estero, sono nate qui. Dalla pizzeria “Brandi” dove una targa di marmo apposta nel 1989 decreta “Qui 100 anni fa nacque la pizza Margherita” alla “Antica Pizzeria da Michele” data 1870, alla pizzeria “Starita” che accese il suo forno nel 1901.
E poi c’è lui, Gino Sorbillo, re di via dei Tribunali, dove la sua storica pizzeria, fondata dai nonni Luigi e Carolina nel 1935, richiama appassionati e celebrità dai quattro angoli del mondo.

Iniziamo con la “Margheritache Raffaele Esposito e Maria Giovanna Brandi, crearono nel 1889 recandosi a Palazzo Capodimonte, convocati da sua Maestà la Regina. Da allora la “Margherita” di Brandi è storia.

Per restare nel cuore di Napoli abbiniamo una lager del “Birrificio Artigianale Napoletano” prodotta con puro malto d’orzo si ispira alle birre a bassa fermentazione. Una bella schiuma densa, freschezza degli aromi floreali e persistenza. Un sorso che acchiappa.
La Pizza Fritta di Zia Esterina” di Sorbillo, è dedicata ai 21 figli tutti pizzaioli, nel segno della tradizione e della passione di famiglia. Croccante e dal ripieno goloso con scarola, provola e colatura di alici. Innamorarsi di Napoli ad ogni boccone.
In abbinamento brassicolo, restiamo al sud con una birra calabrese di ottimo livello.
Águila Negra del birrificio “Birra Cala”, una Stout dalle sfumature di nocciola, cacao e liquirizia e arricchita da un sentore perfettamente equilibrato di caffè colombiano.
Per chi desidera un contrasto diverso ottima scelta la Blanche di Brasserie de Silly. Note floreali e fruttate, leggeri cenni agrumati e speziati. Produzione artigianale per una birra tutta da scoprire.

Il nostro viaggio a Napoli termina in dolcezza.
Il Babà è un’arte vera e propria, la sua bontà dipende dal sapiente equilibrio tra la parte morbida e la parte liquorosa e dalla dimensione che non deve essere troppo minuta, ma di abbondante bellezza.
Un dolce inteso da abbinare con una birra altrettanto significativa. Abbiamo scelto “Cuore di Napoli Premium” del birrificio Kbirr, che sposa il progetto dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, creando una birra che diventa segno estetico ed esprime un sentimento di appartenenza al territorio partenopeo, contribuendo ad alimentare un flusso artistico e creativo. Si tratta di una IPA dal corpo leggero ma capace di sprigionare note e profumi di bella freschezza.

Oggi ti porto a … Bologna

By News, Newsletters

Lo splendido viaggio nella cultura alimentare del nostro Paese prosegue il suo percorso. Dopo un giro tra i sapori e i piatti tipici delle nostre montagne, è giunto il momento di tornare in città.

Non in un luogo qualsiasi, bensì in una delle città Italiane che meglio rappresenta quella somma di valori che sono la convivialità, la tradizione e la simpatia: andiamo a Bologna.

I portici della città che rendono intima ogni passeggiata, i tetti rossi dei palazzi antichi, quella meraviglia della Basilica di San Petronio, insieme alle mille simbologie di Piazza Maggiore con le sue celebri torri. Ognuno di noi ha un pezzetto della città negli occhi e forse nel cuore. Ermanno Olmi, Pier Paolo Pasolini, Mauro Bolognini, Pupi Avati vi hanno ambientato i loro film, narrando gli angoli più affascinati e la voce di Lucio Dalla ancora risuona nelle vie e nelle piazze, spesso protagoniste delle iconiche parole delle sue canzoni.

E allora via con gusti e sapori di una cucina di grande fascino, che soddisfa con gioia il palato, e che abbiniamo, come soliti fare, a birre che sanno arricchire con sentori profumi la cucina bolognese. “Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita”. Così nell’800, Pellegrino Artusi descriveva questa cucina.

Un perfetto inizio di questo menu bolognese è la Mortadella. La regina degli insaccati ha origine antichissime. Visitando il Museo archeologico di Bologna si può ammirare una stele romana che raffigura sette maialetti e un mortaio con pestello. Sempre di un “avo” della Mortadella parla anche Plinio il Vecchio che descrive un insaccato dal nome “Farcimen Myrtatum” per via della presenza del mirto nell’impasto. In ogni caso la Mortadella Bologna IGP è un capitolo obbligatorio per leggere con gusto la tipicità. Due scelte per abbinare un’ottima birra. La prima è la Schmucker Pils. Pregiata birra tedesca della regione dell’Assia: ha sentori erbacei e ben equilibrati e una nota elegante per l’utilizzo esclusivamente di malto tipo Pilsner. La sua nota amara ben si sposa ad un cubetto di mortadella Bologna Igp o ad una profumata fetta della stessa, degustata in purezza.

Se decidiamo invece di degustare la Mortadella appoggiata sulla “Crescentina” (gnocco di pasta fritta) oppure come “Bocconcini di mortadella fritta, cavolo viola e stracciatella” o all’interno di uno strudel salato, allora la birra giusta avrà più materia, più carattere, più ampiezza. Una birra artigianale di originale fattura, la Hibu Bockenbauer, interpretazione tutta italiana dello stile germanico. Dal colore ambrato concede al sorso la parte di luppolo e quella di malto in ottimo bilanciamento e unisce una piena e vellutata nota dolce che convive con quella amara.

Proseguiamo con due classici primi piatti.

In onore di Artusi, ecco il gran gusto dei “Maccheroni alla Bolognese” la cui ricetta compare nell’ottocentesco volume con il numero 87. Una pasta al ragù che rispecchia la vera tradizione per la quale si usano i cosiddetti “Denti di Cavallo” un formato di pasta perfetta per adagiarsi nel condimento e portarlo con sé nel boccone. Un piatto ricco, concreto che ben si abbina ad una birra che porti la sua parte di freschezza e di sentori pieni, una birra di piacevole originalità. Abbiamo pensato alla Lichtenhainer una delle referenze di “Manifatture Birre Bologna”. Si tratta di una American Pale Ale, tipologia simbolo negli Stati Uniti e ben inserita nella tradizione italiana di questo attivo birrificio della città. Note agrumate e floreali con una bella spinta amaricante e una golosa bevibilità.

Passiamo al secondo capitolo dei primi piatti. Protagonisti “Lasagna tradizionale sette strati in sfoglia verde al ragù” del ristorante Al Cambio e “Birra Moretti Grand Cru” una birra gastronomica, sciccosa, nobile e contemporanea al tempo stesso. I sette strati sono una piramide di bontà, una sontuosa esperienza gastronomica che delizia occhi e palato. Il sorso di BM Grand Cru è perfetto per accompagnare con la sua struttura ricercata e la sua unicità della rifermentazione in bottiglia. Al naso note complesse e aromatiche ben integrate con frutta secca, miele ed erbe. Al sorso è muscolare, con richiami amari e di scorza di agrume. Persistente, offre un sorso che soddisfa la compagnia dell’iconica lasagna di Piero Pompili.

Il secondo piatto immancabile è la “Cotoletta alla Bolognese” rigorosamente di carne di vitello. È un simbolo della cucina della rossa città, chiamata così per il colore dei mattoni utilizzati fin dal medioevo, ed è un esame complesso per chi si trova ai fornelli. Detta anche “Petroniana” dal nome del patrono di Bologna, San Petronio, la sua integrità è difesa dall’apposita associazione “Amici della Petroniana”. Per la ricetta, si batte una fetta di fesa di vitello per impararla e friggerla nel burro, arricchita con prosciutto crudo e parmigiano reggiano, sciolto in finale di cottura nel brodo. La sua presenza viene riscontrata sin dal 1600 nei menu dei banchetti. La ricetta è depositata dall’Accademia della Cucina Italiana presso la Camera di Commercio di Bologna. Insomma, la cotoletta alla bolognese è cosa molto seria e merita un analogo abbinamento birrario. La New Castle Brown Ale è un’ottima scelta. Molto diffusa in Gran Bretagna anche per il legame con la squadra di calcio della Premier League, è una birra scura dal carattere deciso e dal gusto aromatico e fruttato. Anche una birra di abbazia come quella prodotta alle porte di Milano, all’interno del Parco agricolo Sud, dalla Comunità monastica benedettina che si è insediata nel 1971 in località “La Cascinazza”. La loro “Amber” si caratterizza per ricerca attenta delle materie prime selezionate. Interessante e pieno il profilo aromatico con note olfattive di miele e spezie. Il sorso è fresco e bilanciato.

Per l’ultima tappa gourmet del nostro percorso bolognese, saliamo sui “Colli Bolognesi” zona tipica e molto cara ai cittadini della capitale dell’Emilia Romagna.

Qui troviamo lo “Lo zuccherino montanaro” dolce antico che veniva preparato in occasione e della Cresima e del Matrimonio. Sono biscotti friabili, simili alle frolle, e coperti di glassa di zucchero. Oltre che buonissimi sono anche di buon augurio. Li accompagniamo con una Affligem Bruge, ambrata di Abbazia, dall’aroma composito e molto piacevole e dal sorso di gran carattere per una delle birre la cui produzione è tra le più antiche del mondo che risale, infatti, al 1074.

Oggi ti porto… sugli Appennini

By News, Newsletters

Un nuovo anno inizia e il nostro viaggio prosegue. Nuove tappe e nuove mete del gusto per scoprire insieme in questi prossimi sei mesi, il gusto e i sapori della cucina regionale italiana in abbinamento a ottime birre.

Con l’anno nuovo i progetti e i buoni propositi accompagnano ogni settore e ciascuno di noi. Ci voleva dunque uno sguardo ampio ed esteso, per raccontare l’eccellenza agroalimentare e brassicola del nostro Paese. Abbiamo scelto un territorio che, in qualche modo, rappresenti tutti dal nord al sud e viceversa. Oggi viaggeremo sugli Appennini, 1200 chilometri di sistema montuoso che si adagia lungo tutta la Penisola.

Specialità regionali e birre di grande soddisfazione tra Appennino Ligure, Tosco Emiliano, Centrale, Meridionale e quello Siculo, separato dallo Stretto di Messina.

Questo territorio montuoso, ma non troppo, custodisce, come uno scrigno, veri gioielli. Da decine di borghi tra i più belli d’Italia, a parchi naturali di grande bellezza con paesaggi che, spesso, respirano i monti e guardano il mare.

Dunque partiamo salendo sulle pendici dell’Appennino Ligure dove sono intensi profumi della macchia mediterranea. Ci troviamo al confine tra Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, nelle cosiddette “Quattro Province” dove la tradizione contadina è ancora viva e presente. Cominciamo con “Agnolotti alla Pavese” con il ripieno di stufato di carne e proseguiamo con i salumi: il celebre “Salame di Varzi”, il “salame Nobile del Giarolo”, da carni selezionate con estrema cura e dalle forme più ampie, “Il Cucito”, la pezzatura più pregiata insaccato due volte e, appunto, cucito. La sua morbidezza e il suo sapore restano intatti, nonostante un affinamento piuttosto lungo. Infine i “Giarolini”, freschi e di pronto consumo, piccole riproduzioni “in scala” dei salami più grandi.

Con sapori così piacevoli e decisi, due ottimi abbinamenti birrari. Il primo, più per contrasto, vede protagonista il carattere essenziale delle India Pale Ale (IPA) e delle Blanche, per un sorso di bella energia e freschezza, dalle note speziate e floreali come Moretti La Bianca. Con il secondo abbinamento, per assonanza, cerchiamo corpo e intensità anche nel sorso. Da provare una IGA (Italian Grape Ale) con aggiunta di mosto d’uva durante il processo di lavorazione. Intense quella da Cannonau e quelle dai vitigni calabresi Gaglioppo e Greco Nero, prodotte a Scalea dal Birrificio Cala.

Prima di lasciare gli Appennini liguri, lasciamoci sedurre dal fascino di un “Coniglio alla Ligure” con pinoli, olive e cipolla, insaporito con salvia e timo. Per apprezzarlo al meglio una birra di Abbazia è sicuramente giusta. Come la “Abbaye de Forest Blonde”, nata in Belgio, dall’esperienza secolare delle Madri Badesse Benedettine. Con il suo carattere persistente e ben equilibrato nelle note amarognole e fruttate con un tocco di uva passa, si abbina felicemente.

Raggiungiamo l’Appennino Tosco Emiliano con la ricchezza naturale e paesaggistica del suo Parco Nazionale tra boschi e vallate e i numerosi tesori storici e artistici protagonisti di borghi millenari, castelli e monasteri.

Nella Garfagnana, ma tipica anche della provincia di Lucca, ecco la “Torta di Farro”. dall’invitante profumo di spezie e pecorino, perfetta per una merenda di gennaio, dopo una bella camminata nella natura. Per accompagnarla con il medesimo spirito di autenticità, scegliamo una birra rossa, di bella intensità e grande identità irlandese. Una McFarland, le cui note morbide e rotonde e i sentori di miele, bilanciano con eleganza la contadina artigianalità della torta di farro. Dalla zona appenninica dell’Emilia ecco un piatto che celebra la condivisione, la “Polenta Stiada”, ovvero stesa su di un ampio tagliere di legno e condita con sugo di carne, Parmigiano Reggiano o funghi. Per tradizione viene condivisa direttamente dal tagliere dai commensali intorno al tavolo. Per confermare questo spirito di condivisione, scegliamo una birra in grande formato, magnum o doppio magnum. Come la “Super” di Baladin, ambrata, con profumi delicati di tropico e marzapane e un sorso armonico e intrigante. In magnum anche Chimay Bleue.

La parte centrale dell’Appennino, suddivisa tra umbro marchigiano e abruzzese, è caratterizzata dalla presenza della sua cima più alta, il Gran Sasso d’Italia. Definito “Piccolo Tibet” per l’affascinante panorama di Campo Imperatore, cela sulle sue pendici una cucina regionale di grande gioia per il palato.

Per non farci mancare nulla scegliamo i grandi classici: “Pallotte cacio e ova”, di semplice fattura e dal gusto straordinario, e gli “Arrosticini” rigorosamente di carne ovina, ambasciatori della cucina del territorio e poi Mortadella di Campotosto, comune sulle pendici della montagna e “Ventricina teramana”, salume “spalmabile” perfetto su di una fetta di pane caldo.

A queste vere eccellenze gastronomiche abbiniamo una Lager di bell’equilibrio e profumi precisi, la Moretti Ricetta Originale, capostipite del marchio birrario nato nel 1859. Ottima anche una Fischer Blond, Lager Alsaziana dal gusto più deciso, perfetta compagna della Ventricina.

Terminiamo il nostro viaggio al sud con due tappe, due piatti e due birre.

La prima è in Basilicata a Venosa, dove ammirare i panorami dell’Appennino Lucano e immergersi nella storia della città patria del madrigalista Carlo Gesualdo e del poeta latino Orazio. Proprio quest’ultimo cita nelle sue Satire il nostro piatto tipico “Lagane e Ceci”. “Inde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinum” (quindi mi ritiro in casa, al mio piatto di porri, ceci e lagane).

In abbinamento una bella birra scura la Murphy’s Stout. Nel sorso intenso e vellutato, spiccano la rotondità e i sentori di malto.

La seconda e ultima tappa sono i monti Peloritani, compresi nell’Appennino siculo.

Qui troviamo i cosiddetti “Formaggi Storici” dei Nebrodi e dei Peloritani, tra i quali spicca merita il “Maiorchino di Novara di Sicilia”. Prodotto sin dal 1600, ne parla anche Carmelo Campisi negli anni Trenta nell’opera “Pecore e pecorino della Sicilia”.

Dal sapore intenso e piccante si sposa con maccheroni e salsiccia, il piatto principe della “Sagra del Maiorchino” che si svolge nel prossimo periodo di carnevale. L’abbinamento perfetto è, per geografia e gusto, con “Birra Messina Vivace” dalle note agrumate di grande freschezza.

Buon anno a tutti!

Oggi ti porto sulle Dolomiti…

By News, Newsletters
Specialità di montagna e ottime birre

La splendida catena montuosa del Nord Est, le Dolomiti, si distende con le sue celebri vette tra Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Ed è in queste terre che prosegue il nostro viaggio nelle specialità regionali italiane, accompagnate da ottime birre.

Nelle Dolomiti, regine delle nevi, sono diffuse ottime tradizioni gastronomiche con piatti tipici di grande gusto e ricette che invitano a condividere, magari al caldo di un rifugio, piatti di struttura e concreta sostanza. Una ricca cucina che, come siamo soliti fare, abbineremo a birre adatte, per corpo e piacere, ad accompagnare il clima invernale. Tra queste un posto d’onore proprio alle cosiddette “birre invernali” e alle speciali “birre di Natale”.

Iniziamo dalla Val Pusteria, con località come San Candido e angoli che paiono fermi nel tempo. Cucina altoatesina: ecco gli “Schlutzkrapfen” dei ravioli di pasta fresca a forma di mezzaluna con un gustoso ripieno di ricotta e spinaci cui vengono aggiunte patate e cipolla. Conditi con burro fuso rappresentano un ottimo inizio.

In abbinamento una tipologia di birra piuttosto particolare, quella “invecchiata in botte”. Queste birre passano un periodo tra sei e nove mesi in Barrique, una botte di legno da 225 litri che ha precedentemente contenuto un vino come il Porto, un distillato come il whisky o il rum. Il passaggio in legno dona alla birra caratteristiche gustative che riprendono i sentori dei precedenti “inquilini” della botte, regalando un sorso pieno, inteso e aromatico.

Anche la Val Venosta è un piccolo paradiso, dove si può soggiornare e pranzare in un tipico “Maso”. Sono fattorie a conduzione familiare dove trovare piatti e prodotti tipici a vero km zero.

In tavola dunque con la “Bauerngröstl”, padella alla contadina con patate, cipolla e carne di manzo, a seguire una ricetta antica che rispecchia il territorio, la “Zuppa di pane”, pezzetti di pane di farro che vengono mescolati con uova, sale e noce moscata per essere passati in padella nel burro caldo. Questo composto raffreddato viene poi immerso nel brodo e servito con erba cipollina.

Con il primo dei due piatti versiamo nel giusto bicchiere a forma di coppa, ampio e con stelo, una birra Trappista belga o francese. Sono birre prodotte rigorosamente all’interno di una Abbazia direttamente dai monaci o, quantomeno, sotto il loro diretto controllo, risalgono a secoli orsono e ancora oggi rappresentano una stupenda tradizione brassicola. La Westmalle Triple, prodotta nella omonima Abbazia in provincia di Anversa sin dalla metà del 1800, presenta un bel colore dorato e dai profumi fruttati e luppolati. Corpo intenso e pieno di grande eleganza e carattere. Con la zuppa, perfetta la “Trappistes Rochefort 6” riconoscibile dal suo tappo rosso. Questa trappista belga, dalla schiuma croccante, presenta toni dolci di miele e caramello, ben contrapposti ad una presenza amaricante e speziata. Le birre di Abbazia reggono perfettamente anche l’abbinamento con gli “Spatzle” gnocchetti verdi o bianchi, conditi, come vuole la ricetta tirolese, con panna e speck. Qui è perfetta, sempre dal Belgio la “Trappistes Rochefort Extra” dove le note agrumate e speziate reagiscono, nel sorso, all’intensità degli gnocchi.

Non si possono frequentare le cucine delle Dolomiti senza godersi un piatto che parla da solo: i “Canederli”. Quelli classici altoatesini, gli “Knödel” vengono preparati impastando formaggio, speck, prosciutto o fegato e serviti in brodo. Ottime anche le varianti con spinaci, o con rapa rossa. I Canederli trentini vengono anche serviti asciutti, conditi con burro fuso con accanto insalata di cavolo cappuccio. Da notare che i Canederli, sono detto “Chenedi” nella variante ampezzana. Quindi se siamo a Cortina li vedremo preparare con pan grattato speck, spinaci, lardo o formaggi e serviti in brodo caldo o con burro fuso.

Per questo primo piatti intenso e saporito, ma al medesimo tempo delicato nel boccone, preferiamo una birra meno rotonda, un sorso che rallegri e sgrassi il palato, come sa una “Blanche”. Restiamo in Italia con “La dama bianca” di Hibu, fresca nelle sue note di arancia amara e coriandolo, oppure con “Moretti la Bianca”, elegante e raffinata. Niente male anche una bella IPA di Lagunitas, India Pale Ale californiana dai profumi del bosco e note amare di grande fascino.

La nostra carrellata di gusti e sapori dolomitici, si chiude con un trittico degno del prossimo podio olimpico che vedrà Cortina D’Ampezzo protagonista con le piste delle Tofane. Sedici gironi di gare nel febbraio 2026 per portare questi territori montani al centro del mondo sportivo.

Ecco le tre medaglie. Partiamo da Cortina, con le “Patate all’ampezzana”; medesima materia prima per il “Tortel” della Val di Non, una frittella di patate perfetta per accompagnare affettati e formaggi locali e nominiamo lo “Stinco di maiale con patate al forno” trionfo di sapore e consistenza.

E tre birre sono pronte per venire portate a tavola con questi piatti: la rossa irlandese McFarland, una Bulldog Strong Ale, l’Inghilterra dal sapore inconfondibile e la “Moretti Gran Cru” ad alta fermentazione, dal fascinoso carattere. Perché l’Italia sul podio deve esserci!

Oggi ti porto in… Valle d’Aosta

By News, Newsletters
Piatti tipici di montagna abbinati a ottime birre

Il viaggio nelle tradizioni gastronomiche regionali del nostro meraviglioso Paese continua in una regione dove l’arrivo dell’inverno è salutato per usanza e attitudine con grande calore e gioia: la Valle d’Aosta. Dalla bassa valle alle cime più alte d’Europa del Massiccio del Monte Bianco, le prime spolverate di neve, che presto si trasformeranno in magiche nevicate, annunciano l’accendersi dei camini e la preparazione dei piatti di una cucina regionale ricca di sapori, profumi e concreta soddisfazione da abbinare, come siamo soliti fare, a ottime birre.

Immaginiamo di aver terminato una piacevole passeggiata o un’escursione con le ciaspole e varcare la soglia di una tipica baita alpina come troviamo negli affascinanti paesi di montagna da Cervinia a Courmayeur, da Champoluc a Gressoney, per citarne alcuni. Ed ecco sul tavolo un tagliere di salumi tipici della Valle dove troviamo vere chicche gastronomiche. La Motsetta o Mocetta, salume tipico delle Alpi Occidentali, un taglio di carne magra che viene salata secondo antica tradizione. Può essere di bovino o cervo, ma anche di pecora o asino. Immancabile il “Lardo di Arnad”, piccolo paese dove la produzione è riconosciuta Dop, tagliato a fette sottili è gustosissimo, accompagnato da un buon miele di castagno e appoggiato su di una fetta di polenta appena fritta. Il “Jambon de Bosses DOP” nobile rappresentante della salumeria valdostana, viene lavorato secondo il rigido disciplinare della Denominazione, che ne garantisce ciascuna fase, dalla concia del sale con erbe del territorio, alla salatura manuale, alla stagionatura su un letto di fieno alla disossatura con legatura manuale. Il gusto è delicato e sapido con una punta di dolcezza aromatica. Per completare il tagliere, ecco il Prosciutto Crudo di Saint Marcel un prodotto alle erbe di montagna, dal gusto inconfondibile e il Il Boudeun, una salsiccia tipica, molto stagionata, preparata con patate e lardo.

E l’abbinamento brassicolo?

Duplice scelta per accompagnare questi squisiti bocconi. Una Dopplebock, intensa e decisa. Una birra nata negli anni venti del 1600 in Germania dai toni maltati che ben si sposa con la sapidità dei salumi. In alternativa una Weizenbock per schiarire i sapori pieni dei salumi e regalare un sorso rinfrescante e di bel carattere.

Sulla tavola valdostana uno dei grandi protagonisti è la Fontina Dop, formaggio tipico della valle, chiamato “Fountina” nel dialetto Patois valdostano, che viene prodotto nelle malghe degli alpeggi e stagionato almeno tre mesi. Gustata in purezza, la versione più dolce accarezza il palato e quella più stagionata lo soddisfa con il suo sapore più pieno. Perfetta in accompagnamento una birra Ambrata e di carattere come Ichnusa, nella versione “Ambra Limpida” con l’aggiunta di un “tocco” di riso coltivato nella provincia di Oristano. La schiuma cremosa e la nota vegetale completano la dolcezza della Fontina fresca, accompagnando il morso più stagionato.

La Fontina è anche protagonista di due piatti caldi di grande tradizione: la Fonduta e la Polenta Concia. La prima, diffusa di territori sui due versanti dell’arco alpino tra Valle D’Aosta Francia e Svizzera, è preparata con tuorli d’uovo, latte e fontina. Posta al centro del tavolo in un’apposita pentola dotata di un fornelletto per mantenerla calda, invita alla condivisione da parte dei commensali che intingono crostini di pane di segale che si ricoprono della calda meraviglia.

Per valorizzare la condivisione e proporre diversi assaggi, mettiamo in tavola una Irish Red Ale con il suo bel colore rosso scuro ed aroma rotondo. Ci offre un sorso dal sapore tostato e note di caramello, oltre a un paio di birre aromatizzate, una scura al miele e una chiara con le medesime botaniche del Gin, o una classica Lager.

Da un ricettario di cucina di montagna è quasi obbligatorio scegliere una zuppa. Tra le più caratteristiche di tutta la Valle, troviamo la “Zuppa Valpellinentze” originaria della omonima valle laterale, la Valpelline si staglia a nord della Valle d’Aosta con i suoi paesaggi mozzafiato culminanti nel Dent d’Hérens a più di 4000 metri di altezza. Un piatto ricco e composito, ma allo stesso tempo piacevole e per nulla eccessivo: pane, fontina, burro, brodo di carne e verza vengono cotte lentamente e passate successivamente in forno con una spolverata di cannella in polvere, per creare una golosa doratura. Per differenziare il sorso dal boccone una IPA “India Pale Ale” può essere la giusta scelta. La birra creata per soddisfare i militari britannici di stanza in India ha una maggior concentrazione di luppolo che le consentiva di reggere il lungo viaggio in nave. Dai toni fruttati, agrumati si intensifica nel sapore con una tipica nota amaricante. Per seguire maggiormente la pienezza della zuppa, una Moretti La Rossa è la perfetta compagna al tavolo: una doppio malto, ricca e di bella struttura, che regala sapori di frutta del bosco e un carattere che soddisfa, senza eccessi.

Chiudiamo il nostro menu valdostano con pairing birrario gustando un dolce tipico: le Tegole. Il nome deriva dalla loro forma che ricorda quella delle “lose” pietre locali tagliate a tegole per coprire i tetti delle abitazioni di montagna. Sono preparate con nocciole, zucchero, albume d’uovo, farina e talora mandorle e vaniglia. Le Tegole, biscotti delicati e saporiti, da accompagnare ad una birra di abbazia, piena e intensa, di importante gradazione. Con una dolce meditazione e con lo sguardo sulle montagne.