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Oggi ti porto a Roma…

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Il nostro viaggio nella cultura del territorio fa tappa a Roma, per ritrovare luoghi e sapori della capitale e sottolinearne identità e bellezza, e perché no … degustando una buona birra.

Per cominciare il suggerimento non ha vista sul Colosseo né si trova a due passi dalla Fontana di Trevi, bensì le nostre “vacanze romane” iniziano sulla sabbia di Fregene. Proprio dove i romani amano trascorrere una giornata di relax, concedendosi una fuga al mare, anche in inverno, per godersi il sole e il rumore delle onde. Un’abitudine che risale agli anni cinquanta, e consolidatasi durante il boom economico dei mitici anni sessanta. Quanti film inquadrano Alberto Sordi o Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi o Marcello Mastroianni, diretti da Dino Risi o Federico Fellini, gustare uno spaghetto alle vongole, seduti al tavolo di uno degli accoglienti ristoranti sulla spiaggia. Non ci resta quindi che immergerci in questa atmosfera con i grandi classici, “Spaghetti alle telline sgusciate” o “Spaghetti alle Vongole” perché il guscio quel sapore in più lo lascia. A seguire il fritto, a scelta del giorno o un tipico calamari e gamberi. Da bere “Lager” per un sorso dissetante e non troppo complesso, perfetto con la sapidità marina. Come l’australiana Foster’s, nata giustamente sul mare di Melbourne. Dai sentori fruttati leggeri e delicati con note di cereali e luppolo in equilibrio, regala un sorso davvero felice. Ideale anche una Heineken 0.0, di particolare freschezza, ben bilanciata, una birra che invita alla convivialità, elemento importante di un pranzo sul mare, magari la domenica che poi sarà necessario rimettersi alla guida per il rientro a casa.

È il momento di tornare in città dove, volontariamente e letteralmente, ci si perde tra le sue meraviglie. Il nostro invito è di scoprire un Museo molto particolare e di grande fascino: “Centrale Montemartini”. Il complesso era una centrale termoelettrica, trasformata, alla sua dismissione, in una sezione distaccata dei Musei Capitolini.

Terminata la visita, siamo in zona Ostiense, la vivacità gastronomica del quartiere propone diverse opzioni. Dal Bistrot con cucina romana contemporanea, a ristoranti che prediligono la scelta vegetariana, a Pub con 15 linee di birra alla spina e grande attenzione all’arte brassicola artigianale. Insomma, una cucina di scelte creative e moderne, ma sempre di gran soddisfazione. Se non si vuole rinunciare alla pasta ecco un classico rivisitato: “Fettuccine con salsiccia, pesto di menta e pecorino”. Abbiniamo Ciney Brune, una Ale belga, nata nell’omonimo villaggio, scura e ad alta fermentazione. Intensa e ricca nei sentori di frutti di bosco e miele. Di morbida struttura non rinuncia ad un piacevole tocco amaro. Dagli anni ‘80, esiste anche la Ciney Blonde, una Strong Ale chiara, altrettanto intrigante nei profumi e gratificante nel sorso.

Tra le bellezze di Roma, un altro museo merita il viaggio. Si tratta del “Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia” che custodisce, tra le bellissime opere, il “Sarcofago degli Sposi”, un capolavoro celebre in tutto il mondo. Da non perdere anche gli spazi esterni e dei giardini, con una splendida statuta di Ninfeo, delle due ville rinascimentali che ospitano il museo.

Dopo i tesori etruschi, è giunto il momento di un altro tesoro di Roma: la Matriciana. Ingiustamente tenuta in panchina, rispetto alla Carbonara, è una vera meraviglia, con quel tocco di piccante che soddisfa appieno. La ricetta, antica e popolare, è codificata e certificata dal Comune di Amatrice. Gli ingredienti sono rigorosamente spaghetti, guanciale di Amatrice, pomodori pelati e pecorino romano dop. Unica concessione all’era moderna, l’utilizzo dei bucatini. Duplice scelta per la birra in abbinamento. Restiamo a Roma con il birrificio artigianale Rebel’s. In un casale sull’Ardeatina, circondato dal verde, i quattro giovani ribelli e appassionati soci producono ben quindici referenze. Tra queste scegliamo la “Tempura Crunch” note speziate e agrumate che richiamano lontane atmosfere asiatiche e ben si sposano con la intensità del primo piatto. In alternativa, o perché no degustarle entrambe, una birra rossa, anch’essa in linea con le sensazioni intense. La “Murphy’s Red” è la nostra scelta. Aromatica, note fruttate, intensa ed equilibratamente amaricante.

Ma possiamo gustare Roma, senza un “Carciofo alla Giudia”? Praticamente impossibile. La meta è il quartiere ebraico, precisamente via del Portico d’Ottavia dove il tipico piatto viene eseguito a regola d’arte, rendendo il carciofo una sorta di bellissimo fiore croccante fuori e tenero dentro. Del carciofo già scriveva nel 77 d.c. Plinio il Vecchio. “Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero” parole che negli anni ‘50, il poeta Pablo Neruda dedicava all’ortaggio. In abbinamento è il momento di scoprire una India Pale Ale, conosciuta con l’acronimo IPA, birra dallo stile audace, a volte coraggioso che declina con originalità sapori intensi e amari. Tra le molte ci piace indicare la californiana Lagunitas IPA realizzata con la bellezza di 43 varietà diverse di luppolo e 65 tipi di malto. Rinfrescante, persistente, giustamente ricca di sensazioni e sapori.

Il nostro percorso del gusto, nella Capitale, chiude in bellezza con due specialità della cucina romana, che andremo a gustare a Trastevere, iconico quartiere capitolino. E precisamente partiamo da via San Cosimato 7. Sul muro di questa casa è apposta una targa che celebra la nascita dell’attore Alberto Sordi, avvenuta il 15 giugno del 1920. Più Romano di così …

Regno di una cucina tipica e popolare, Trastevere offre una bella scelta di osterie romane dalle atmosfere autentiche e conviviali. Proprio in una di queste vanno assaggiati “Trippa alla Romana” e “Supplì”. Piatti dai sapori ricchi e invitanti, ricette immutate nel tempo e rappresentazione quasi onirica del sapore di Roma. Abbiniamo due birre di altrettanta forza, di bel carattere e di nobile matrice. Una strong lager, dal deciso grado alcolico come la Bulldog dall’aroma molto elegante e identitario ed un sorso appagante sotto tutti i punti di vista, è perfetta con la trippa e la sua pienezza. Con il Supplì, piatto concreto, ma al medesimo tempo, non eccessivamente impegnativo, cerchiamo la freschezza di una Radler. La ricetta nata in Germania nel 1922, prevede l’unione tra birra e succo di limone. Una miscela di grande freschezza, dissetante, di bassissima gradazione e di sapore energico per la spinta agrumata. Scegliamo il bel sorso della Dreher Limone.

Oggi ti porto a Napoli…

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Napoli è ospitalità, talento e artigianalità del gusto, che diventa passione gastronomica. In questo meraviglioso angolo di mondo portiamo oggi la nostra voglia di abbinare a piatti tipici birre di alta qualità. Il tutto ammirando uno dei panorami più belli di sempre: il golfo di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo.

Anche passeggiare per via dei Tribunali o per i Quartieri Spagnoli, salire le vie di Forcella e perdersi in via San Gregorio Armeno, regno dei “presepari” è davvero uno spettacolo.

Sul lato gastronomico ci tuffiamo convinti nelle specialità dello street food dalle pizze fritte a quelle “a libretto” (piegate in quattro) per non perdere la salsa di pomodoro. Imperdibile il “Cuoppo” di mare o di terra, un cono di carta spessa che funge da contenitore del fritto, con piccoli pesci come le alici, totani a pezzetti, baccalà e frutti di mare oppure crocchè di patate, mozzarelline fritte, verdure in pastella come melanzane e zucchine in quello di terra. Quale miglior abbinamento di un grande classico come Birra Moretti Baffo d’Oro. Lager fresca, piena e compatta, dal perfetto equilibrio gustativo tra le noti più morbide e quelle amare; è prodotta con il miglior malto d’orzo italiano e con un solo luppolo lo spalt bavarese, una varietà fra le più antiche.

Passiamo ad una tipicità stagionale, ma talmente buona che la si trova praticamente sempre: il “Casatiello”. Le origini di questo gustosissimo lievitato ripieno risalgono al 1600 ed è citato in una favola scritta da Giambattista Basile dove è protagonista di un banchetto reale per celebrare una bella fanciulla. “E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che ’nce poteva magnare n’asserceto formato.” Il passo celebra sapori e abbondanza in pieno stile partenopeo. Questa ciambella salata contiene formaggio, salame, ciccioli e uova. Sapidità e morbidezza conquistano con un morso davvero intrigante.
L’abbinamento birrario è duplice, una lager di media intensità come la Ichnusa Ambra Limpida, dall’equilibrio unico tra freschezza e intensità, con note erbacee che ben “sgrassano” il ripieno intenso del Casatiello, Per chi desidera spingersi oltre abbiniamo una birra friulana del Birrificio Giulia che produce, tra le valli del Monte Mia (da cui proviene l’acqua di lavorazione), a “Sud” una birra nera doppio malto prodotta con metodo artigianale, ad alta fermentazione. Non viene filtrata né pastorizzata e si presenta dal colore molto scuro, con schiuma color caffellatte e un panorama olfattivo ricchissimo. Sorso intenso e ricco di sentori come caramello e ciliegia.

Era il 7 dicembre 2017 quando, con voto unanime dell’assemblea, “L’arte dei pizzaiuoli napoletani” è stata proclamata dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.
Le storiche pizzerie, che hanno mano mano aperto sedi nelle principali città Italiane e all’estero, sono nate qui. Dalla pizzeria “Brandi” dove una targa di marmo apposta nel 1989 decreta “Qui 100 anni fa nacque la pizza Margherita” alla “Antica Pizzeria da Michele” data 1870, alla pizzeria “Starita” che accese il suo forno nel 1901.
E poi c’è lui, Gino Sorbillo, re di via dei Tribunali, dove la sua storica pizzeria, fondata dai nonni Luigi e Carolina nel 1935, richiama appassionati e celebrità dai quattro angoli del mondo.

Iniziamo con la “Margheritache Raffaele Esposito e Maria Giovanna Brandi, crearono nel 1889 recandosi a Palazzo Capodimonte, convocati da sua Maestà la Regina. Da allora la “Margherita” di Brandi è storia.

Per restare nel cuore di Napoli abbiniamo una lager del “Birrificio Artigianale Napoletano” prodotta con puro malto d’orzo si ispira alle birre a bassa fermentazione. Una bella schiuma densa, freschezza degli aromi floreali e persistenza. Un sorso che acchiappa.
La Pizza Fritta di Zia Esterina” di Sorbillo, è dedicata ai 21 figli tutti pizzaioli, nel segno della tradizione e della passione di famiglia. Croccante e dal ripieno goloso con scarola, provola e colatura di alici. Innamorarsi di Napoli ad ogni boccone.
In abbinamento brassicolo, restiamo al sud con una birra calabrese di ottimo livello.
Águila Negra del birrificio “Birra Cala”, una Stout dalle sfumature di nocciola, cacao e liquirizia e arricchita da un sentore perfettamente equilibrato di caffè colombiano.
Per chi desidera un contrasto diverso ottima scelta la Blanche di Brasserie de Silly. Note floreali e fruttate, leggeri cenni agrumati e speziati. Produzione artigianale per una birra tutta da scoprire.

Il nostro viaggio a Napoli termina in dolcezza.
Il Babà è un’arte vera e propria, la sua bontà dipende dal sapiente equilibrio tra la parte morbida e la parte liquorosa e dalla dimensione che non deve essere troppo minuta, ma di abbondante bellezza.
Un dolce inteso da abbinare con una birra altrettanto significativa. Abbiamo scelto “Cuore di Napoli Premium” del birrificio Kbirr, che sposa il progetto dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, creando una birra che diventa segno estetico ed esprime un sentimento di appartenenza al territorio partenopeo, contribuendo ad alimentare un flusso artistico e creativo. Si tratta di una IPA dal corpo leggero ma capace di sprigionare note e profumi di bella freschezza.

Oggi ti porto a … Bologna

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Lo splendido viaggio nella cultura alimentare del nostro Paese prosegue il suo percorso. Dopo un giro tra i sapori e i piatti tipici delle nostre montagne, è giunto il momento di tornare in città.

Non in un luogo qualsiasi, bensì in una delle città Italiane che meglio rappresenta quella somma di valori che sono la convivialità, la tradizione e la simpatia: andiamo a Bologna.

I portici della città che rendono intima ogni passeggiata, i tetti rossi dei palazzi antichi, quella meraviglia della Basilica di San Petronio, insieme alle mille simbologie di Piazza Maggiore con le sue celebri torri. Ognuno di noi ha un pezzetto della città negli occhi e forse nel cuore. Ermanno Olmi, Pier Paolo Pasolini, Mauro Bolognini, Pupi Avati vi hanno ambientato i loro film, narrando gli angoli più affascinati e la voce di Lucio Dalla ancora risuona nelle vie e nelle piazze, spesso protagoniste delle iconiche parole delle sue canzoni.

E allora via con gusti e sapori di una cucina di grande fascino, che soddisfa con gioia il palato, e che abbiniamo, come soliti fare, a birre che sanno arricchire con sentori profumi la cucina bolognese. “Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita”. Così nell’800, Pellegrino Artusi descriveva questa cucina.

Un perfetto inizio di questo menu bolognese è la Mortadella. La regina degli insaccati ha origine antichissime. Visitando il Museo archeologico di Bologna si può ammirare una stele romana che raffigura sette maialetti e un mortaio con pestello. Sempre di un “avo” della Mortadella parla anche Plinio il Vecchio che descrive un insaccato dal nome “Farcimen Myrtatum” per via della presenza del mirto nell’impasto. In ogni caso la Mortadella Bologna IGP è un capitolo obbligatorio per leggere con gusto la tipicità. Due scelte per abbinare un’ottima birra. La prima è la Schmucker Pils. Pregiata birra tedesca della regione dell’Assia: ha sentori erbacei e ben equilibrati e una nota elegante per l’utilizzo esclusivamente di malto tipo Pilsner. La sua nota amara ben si sposa ad un cubetto di mortadella Bologna Igp o ad una profumata fetta della stessa, degustata in purezza.

Se decidiamo invece di degustare la Mortadella appoggiata sulla “Crescentina” (gnocco di pasta fritta) oppure come “Bocconcini di mortadella fritta, cavolo viola e stracciatella” o all’interno di uno strudel salato, allora la birra giusta avrà più materia, più carattere, più ampiezza. Una birra artigianale di originale fattura, la Hibu Bockenbauer, interpretazione tutta italiana dello stile germanico. Dal colore ambrato concede al sorso la parte di luppolo e quella di malto in ottimo bilanciamento e unisce una piena e vellutata nota dolce che convive con quella amara.

Proseguiamo con due classici primi piatti.

In onore di Artusi, ecco il gran gusto dei “Maccheroni alla Bolognese” la cui ricetta compare nell’ottocentesco volume con il numero 87. Una pasta al ragù che rispecchia la vera tradizione per la quale si usano i cosiddetti “Denti di Cavallo” un formato di pasta perfetta per adagiarsi nel condimento e portarlo con sé nel boccone. Un piatto ricco, concreto che ben si abbina ad una birra che porti la sua parte di freschezza e di sentori pieni, una birra di piacevole originalità. Abbiamo pensato alla Lichtenhainer una delle referenze di “Manifatture Birre Bologna”. Si tratta di una American Pale Ale, tipologia simbolo negli Stati Uniti e ben inserita nella tradizione italiana di questo attivo birrificio della città. Note agrumate e floreali con una bella spinta amaricante e una golosa bevibilità.

Passiamo al secondo capitolo dei primi piatti. Protagonisti “Lasagna tradizionale sette strati in sfoglia verde al ragù” del ristorante Al Cambio e “Birra Moretti Grand Cru” una birra gastronomica, sciccosa, nobile e contemporanea al tempo stesso. I sette strati sono una piramide di bontà, una sontuosa esperienza gastronomica che delizia occhi e palato. Il sorso di BM Grand Cru è perfetto per accompagnare con la sua struttura ricercata e la sua unicità della rifermentazione in bottiglia. Al naso note complesse e aromatiche ben integrate con frutta secca, miele ed erbe. Al sorso è muscolare, con richiami amari e di scorza di agrume. Persistente, offre un sorso che soddisfa la compagnia dell’iconica lasagna di Piero Pompili.

Il secondo piatto immancabile è la “Cotoletta alla Bolognese” rigorosamente di carne di vitello. È un simbolo della cucina della rossa città, chiamata così per il colore dei mattoni utilizzati fin dal medioevo, ed è un esame complesso per chi si trova ai fornelli. Detta anche “Petroniana” dal nome del patrono di Bologna, San Petronio, la sua integrità è difesa dall’apposita associazione “Amici della Petroniana”. Per la ricetta, si batte una fetta di fesa di vitello per impararla e friggerla nel burro, arricchita con prosciutto crudo e parmigiano reggiano, sciolto in finale di cottura nel brodo. La sua presenza viene riscontrata sin dal 1600 nei menu dei banchetti. La ricetta è depositata dall’Accademia della Cucina Italiana presso la Camera di Commercio di Bologna. Insomma, la cotoletta alla bolognese è cosa molto seria e merita un analogo abbinamento birrario. La New Castle Brown Ale è un’ottima scelta. Molto diffusa in Gran Bretagna anche per il legame con la squadra di calcio della Premier League, è una birra scura dal carattere deciso e dal gusto aromatico e fruttato. Anche una birra di abbazia come quella prodotta alle porte di Milano, all’interno del Parco agricolo Sud, dalla Comunità monastica benedettina che si è insediata nel 1971 in località “La Cascinazza”. La loro “Amber” si caratterizza per ricerca attenta delle materie prime selezionate. Interessante e pieno il profilo aromatico con note olfattive di miele e spezie. Il sorso è fresco e bilanciato.

Per l’ultima tappa gourmet del nostro percorso bolognese, saliamo sui “Colli Bolognesi” zona tipica e molto cara ai cittadini della capitale dell’Emilia Romagna.

Qui troviamo lo “Lo zuccherino montanaro” dolce antico che veniva preparato in occasione e della Cresima e del Matrimonio. Sono biscotti friabili, simili alle frolle, e coperti di glassa di zucchero. Oltre che buonissimi sono anche di buon augurio. Li accompagniamo con una Affligem Bruge, ambrata di Abbazia, dall’aroma composito e molto piacevole e dal sorso di gran carattere per una delle birre la cui produzione è tra le più antiche del mondo che risale, infatti, al 1074.

Oggi ti porto… sugli Appennini

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Un nuovo anno inizia e il nostro viaggio prosegue. Nuove tappe e nuove mete del gusto per scoprire insieme in questi prossimi sei mesi, il gusto e i sapori della cucina regionale italiana in abbinamento a ottime birre.

Con l’anno nuovo i progetti e i buoni propositi accompagnano ogni settore e ciascuno di noi. Ci voleva dunque uno sguardo ampio ed esteso, per raccontare l’eccellenza agroalimentare e brassicola del nostro Paese. Abbiamo scelto un territorio che, in qualche modo, rappresenti tutti dal nord al sud e viceversa. Oggi viaggeremo sugli Appennini, 1200 chilometri di sistema montuoso che si adagia lungo tutta la Penisola.

Specialità regionali e birre di grande soddisfazione tra Appennino Ligure, Tosco Emiliano, Centrale, Meridionale e quello Siculo, separato dallo Stretto di Messina.

Questo territorio montuoso, ma non troppo, custodisce, come uno scrigno, veri gioielli. Da decine di borghi tra i più belli d’Italia, a parchi naturali di grande bellezza con paesaggi che, spesso, respirano i monti e guardano il mare.

Dunque partiamo salendo sulle pendici dell’Appennino Ligure dove sono intensi profumi della macchia mediterranea. Ci troviamo al confine tra Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, nelle cosiddette “Quattro Province” dove la tradizione contadina è ancora viva e presente. Cominciamo con “Agnolotti alla Pavese” con il ripieno di stufato di carne e proseguiamo con i salumi: il celebre “Salame di Varzi”, il “salame Nobile del Giarolo”, da carni selezionate con estrema cura e dalle forme più ampie, “Il Cucito”, la pezzatura più pregiata insaccato due volte e, appunto, cucito. La sua morbidezza e il suo sapore restano intatti, nonostante un affinamento piuttosto lungo. Infine i “Giarolini”, freschi e di pronto consumo, piccole riproduzioni “in scala” dei salami più grandi.

Con sapori così piacevoli e decisi, due ottimi abbinamenti birrari. Il primo, più per contrasto, vede protagonista il carattere essenziale delle India Pale Ale (IPA) e delle Blanche, per un sorso di bella energia e freschezza, dalle note speziate e floreali come Moretti La Bianca. Con il secondo abbinamento, per assonanza, cerchiamo corpo e intensità anche nel sorso. Da provare una IGA (Italian Grape Ale) con aggiunta di mosto d’uva durante il processo di lavorazione. Intense quella da Cannonau e quelle dai vitigni calabresi Gaglioppo e Greco Nero, prodotte a Scalea dal Birrificio Cala.

Prima di lasciare gli Appennini liguri, lasciamoci sedurre dal fascino di un “Coniglio alla Ligure” con pinoli, olive e cipolla, insaporito con salvia e timo. Per apprezzarlo al meglio una birra di Abbazia è sicuramente giusta. Come la “Abbaye de Forest Blonde”, nata in Belgio, dall’esperienza secolare delle Madri Badesse Benedettine. Con il suo carattere persistente e ben equilibrato nelle note amarognole e fruttate con un tocco di uva passa, si abbina felicemente.

Raggiungiamo l’Appennino Tosco Emiliano con la ricchezza naturale e paesaggistica del suo Parco Nazionale tra boschi e vallate e i numerosi tesori storici e artistici protagonisti di borghi millenari, castelli e monasteri.

Nella Garfagnana, ma tipica anche della provincia di Lucca, ecco la “Torta di Farro”. dall’invitante profumo di spezie e pecorino, perfetta per una merenda di gennaio, dopo una bella camminata nella natura. Per accompagnarla con il medesimo spirito di autenticità, scegliamo una birra rossa, di bella intensità e grande identità irlandese. Una McFarland, le cui note morbide e rotonde e i sentori di miele, bilanciano con eleganza la contadina artigianalità della torta di farro. Dalla zona appenninica dell’Emilia ecco un piatto che celebra la condivisione, la “Polenta Stiada”, ovvero stesa su di un ampio tagliere di legno e condita con sugo di carne, Parmigiano Reggiano o funghi. Per tradizione viene condivisa direttamente dal tagliere dai commensali intorno al tavolo. Per confermare questo spirito di condivisione, scegliamo una birra in grande formato, magnum o doppio magnum. Come la “Super” di Baladin, ambrata, con profumi delicati di tropico e marzapane e un sorso armonico e intrigante. In magnum anche Chimay Bleue.

La parte centrale dell’Appennino, suddivisa tra umbro marchigiano e abruzzese, è caratterizzata dalla presenza della sua cima più alta, il Gran Sasso d’Italia. Definito “Piccolo Tibet” per l’affascinante panorama di Campo Imperatore, cela sulle sue pendici una cucina regionale di grande gioia per il palato.

Per non farci mancare nulla scegliamo i grandi classici: “Pallotte cacio e ova”, di semplice fattura e dal gusto straordinario, e gli “Arrosticini” rigorosamente di carne ovina, ambasciatori della cucina del territorio e poi Mortadella di Campotosto, comune sulle pendici della montagna e “Ventricina teramana”, salume “spalmabile” perfetto su di una fetta di pane caldo.

A queste vere eccellenze gastronomiche abbiniamo una Lager di bell’equilibrio e profumi precisi, la Moretti Ricetta Originale, capostipite del marchio birrario nato nel 1859. Ottima anche una Fischer Blond, Lager Alsaziana dal gusto più deciso, perfetta compagna della Ventricina.

Terminiamo il nostro viaggio al sud con due tappe, due piatti e due birre.

La prima è in Basilicata a Venosa, dove ammirare i panorami dell’Appennino Lucano e immergersi nella storia della città patria del madrigalista Carlo Gesualdo e del poeta latino Orazio. Proprio quest’ultimo cita nelle sue Satire il nostro piatto tipico “Lagane e Ceci”. “Inde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinum” (quindi mi ritiro in casa, al mio piatto di porri, ceci e lagane).

In abbinamento una bella birra scura la Murphy’s Stout. Nel sorso intenso e vellutato, spiccano la rotondità e i sentori di malto.

La seconda e ultima tappa sono i monti Peloritani, compresi nell’Appennino siculo.

Qui troviamo i cosiddetti “Formaggi Storici” dei Nebrodi e dei Peloritani, tra i quali spicca merita il “Maiorchino di Novara di Sicilia”. Prodotto sin dal 1600, ne parla anche Carmelo Campisi negli anni Trenta nell’opera “Pecore e pecorino della Sicilia”.

Dal sapore intenso e piccante si sposa con maccheroni e salsiccia, il piatto principe della “Sagra del Maiorchino” che si svolge nel prossimo periodo di carnevale. L’abbinamento perfetto è, per geografia e gusto, con “Birra Messina Vivace” dalle note agrumate di grande freschezza.

Buon anno a tutti!

Oggi ti porto sulle Dolomiti…

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Specialità di montagna e ottime birre

La splendida catena montuosa del Nord Est, le Dolomiti, si distende con le sue celebri vette tra Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Ed è in queste terre che prosegue il nostro viaggio nelle specialità regionali italiane, accompagnate da ottime birre.

Nelle Dolomiti, regine delle nevi, sono diffuse ottime tradizioni gastronomiche con piatti tipici di grande gusto e ricette che invitano a condividere, magari al caldo di un rifugio, piatti di struttura e concreta sostanza. Una ricca cucina che, come siamo soliti fare, abbineremo a birre adatte, per corpo e piacere, ad accompagnare il clima invernale. Tra queste un posto d’onore proprio alle cosiddette “birre invernali” e alle speciali “birre di Natale”.

Iniziamo dalla Val Pusteria, con località come San Candido e angoli che paiono fermi nel tempo. Cucina altoatesina: ecco gli “Schlutzkrapfen” dei ravioli di pasta fresca a forma di mezzaluna con un gustoso ripieno di ricotta e spinaci cui vengono aggiunte patate e cipolla. Conditi con burro fuso rappresentano un ottimo inizio.

In abbinamento una tipologia di birra piuttosto particolare, quella “invecchiata in botte”. Queste birre passano un periodo tra sei e nove mesi in Barrique, una botte di legno da 225 litri che ha precedentemente contenuto un vino come il Porto, un distillato come il whisky o il rum. Il passaggio in legno dona alla birra caratteristiche gustative che riprendono i sentori dei precedenti “inquilini” della botte, regalando un sorso pieno, inteso e aromatico.

Anche la Val Venosta è un piccolo paradiso, dove si può soggiornare e pranzare in un tipico “Maso”. Sono fattorie a conduzione familiare dove trovare piatti e prodotti tipici a vero km zero.

In tavola dunque con la “Bauerngröstl”, padella alla contadina con patate, cipolla e carne di manzo, a seguire una ricetta antica che rispecchia il territorio, la “Zuppa di pane”, pezzetti di pane di farro che vengono mescolati con uova, sale e noce moscata per essere passati in padella nel burro caldo. Questo composto raffreddato viene poi immerso nel brodo e servito con erba cipollina.

Con il primo dei due piatti versiamo nel giusto bicchiere a forma di coppa, ampio e con stelo, una birra Trappista belga o francese. Sono birre prodotte rigorosamente all’interno di una Abbazia direttamente dai monaci o, quantomeno, sotto il loro diretto controllo, risalgono a secoli orsono e ancora oggi rappresentano una stupenda tradizione brassicola. La Westmalle Triple, prodotta nella omonima Abbazia in provincia di Anversa sin dalla metà del 1800, presenta un bel colore dorato e dai profumi fruttati e luppolati. Corpo intenso e pieno di grande eleganza e carattere. Con la zuppa, perfetta la “Trappistes Rochefort 6” riconoscibile dal suo tappo rosso. Questa trappista belga, dalla schiuma croccante, presenta toni dolci di miele e caramello, ben contrapposti ad una presenza amaricante e speziata. Le birre di Abbazia reggono perfettamente anche l’abbinamento con gli “Spatzle” gnocchetti verdi o bianchi, conditi, come vuole la ricetta tirolese, con panna e speck. Qui è perfetta, sempre dal Belgio la “Trappistes Rochefort Extra” dove le note agrumate e speziate reagiscono, nel sorso, all’intensità degli gnocchi.

Non si possono frequentare le cucine delle Dolomiti senza godersi un piatto che parla da solo: i “Canederli”. Quelli classici altoatesini, gli “Knödel” vengono preparati impastando formaggio, speck, prosciutto o fegato e serviti in brodo. Ottime anche le varianti con spinaci, o con rapa rossa. I Canederli trentini vengono anche serviti asciutti, conditi con burro fuso con accanto insalata di cavolo cappuccio. Da notare che i Canederli, sono detto “Chenedi” nella variante ampezzana. Quindi se siamo a Cortina li vedremo preparare con pan grattato speck, spinaci, lardo o formaggi e serviti in brodo caldo o con burro fuso.

Per questo primo piatti intenso e saporito, ma al medesimo tempo delicato nel boccone, preferiamo una birra meno rotonda, un sorso che rallegri e sgrassi il palato, come sa una “Blanche”. Restiamo in Italia con “La dama bianca” di Hibu, fresca nelle sue note di arancia amara e coriandolo, oppure con “Moretti la Bianca”, elegante e raffinata. Niente male anche una bella IPA di Lagunitas, India Pale Ale californiana dai profumi del bosco e note amare di grande fascino.

La nostra carrellata di gusti e sapori dolomitici, si chiude con un trittico degno del prossimo podio olimpico che vedrà Cortina D’Ampezzo protagonista con le piste delle Tofane. Sedici gironi di gare nel febbraio 2026 per portare questi territori montani al centro del mondo sportivo.

Ecco le tre medaglie. Partiamo da Cortina, con le “Patate all’ampezzana”; medesima materia prima per il “Tortel” della Val di Non, una frittella di patate perfetta per accompagnare affettati e formaggi locali e nominiamo lo “Stinco di maiale con patate al forno” trionfo di sapore e consistenza.

E tre birre sono pronte per venire portate a tavola con questi piatti: la rossa irlandese McFarland, una Bulldog Strong Ale, l’Inghilterra dal sapore inconfondibile e la “Moretti Gran Cru” ad alta fermentazione, dal fascinoso carattere. Perché l’Italia sul podio deve esserci!

Oggi ti porto in… Valle d’Aosta

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Piatti tipici di montagna abbinati a ottime birre

Il viaggio nelle tradizioni gastronomiche regionali del nostro meraviglioso Paese continua in una regione dove l’arrivo dell’inverno è salutato per usanza e attitudine con grande calore e gioia: la Valle d’Aosta. Dalla bassa valle alle cime più alte d’Europa del Massiccio del Monte Bianco, le prime spolverate di neve, che presto si trasformeranno in magiche nevicate, annunciano l’accendersi dei camini e la preparazione dei piatti di una cucina regionale ricca di sapori, profumi e concreta soddisfazione da abbinare, come siamo soliti fare, a ottime birre.

Immaginiamo di aver terminato una piacevole passeggiata o un’escursione con le ciaspole e varcare la soglia di una tipica baita alpina come troviamo negli affascinanti paesi di montagna da Cervinia a Courmayeur, da Champoluc a Gressoney, per citarne alcuni. Ed ecco sul tavolo un tagliere di salumi tipici della Valle dove troviamo vere chicche gastronomiche. La Motsetta o Mocetta, salume tipico delle Alpi Occidentali, un taglio di carne magra che viene salata secondo antica tradizione. Può essere di bovino o cervo, ma anche di pecora o asino. Immancabile il “Lardo di Arnad”, piccolo paese dove la produzione è riconosciuta Dop, tagliato a fette sottili è gustosissimo, accompagnato da un buon miele di castagno e appoggiato su di una fetta di polenta appena fritta. Il “Jambon de Bosses DOP” nobile rappresentante della salumeria valdostana, viene lavorato secondo il rigido disciplinare della Denominazione, che ne garantisce ciascuna fase, dalla concia del sale con erbe del territorio, alla salatura manuale, alla stagionatura su un letto di fieno alla disossatura con legatura manuale. Il gusto è delicato e sapido con una punta di dolcezza aromatica. Per completare il tagliere, ecco il Prosciutto Crudo di Saint Marcel un prodotto alle erbe di montagna, dal gusto inconfondibile e il Il Boudeun, una salsiccia tipica, molto stagionata, preparata con patate e lardo.

E l’abbinamento brassicolo?

Duplice scelta per accompagnare questi squisiti bocconi. Una Dopplebock, intensa e decisa. Una birra nata negli anni venti del 1600 in Germania dai toni maltati che ben si sposa con la sapidità dei salumi. In alternativa una Weizenbock per schiarire i sapori pieni dei salumi e regalare un sorso rinfrescante e di bel carattere.

Sulla tavola valdostana uno dei grandi protagonisti è la Fontina Dop, formaggio tipico della valle, chiamato “Fountina” nel dialetto Patois valdostano, che viene prodotto nelle malghe degli alpeggi e stagionato almeno tre mesi. Gustata in purezza, la versione più dolce accarezza il palato e quella più stagionata lo soddisfa con il suo sapore più pieno. Perfetta in accompagnamento una birra Ambrata e di carattere come Ichnusa, nella versione “Ambra Limpida” con l’aggiunta di un “tocco” di riso coltivato nella provincia di Oristano. La schiuma cremosa e la nota vegetale completano la dolcezza della Fontina fresca, accompagnando il morso più stagionato.

La Fontina è anche protagonista di due piatti caldi di grande tradizione: la Fonduta e la Polenta Concia. La prima, diffusa di territori sui due versanti dell’arco alpino tra Valle D’Aosta Francia e Svizzera, è preparata con tuorli d’uovo, latte e fontina. Posta al centro del tavolo in un’apposita pentola dotata di un fornelletto per mantenerla calda, invita alla condivisione da parte dei commensali che intingono crostini di pane di segale che si ricoprono della calda meraviglia.

Per valorizzare la condivisione e proporre diversi assaggi, mettiamo in tavola una Irish Red Ale con il suo bel colore rosso scuro ed aroma rotondo. Ci offre un sorso dal sapore tostato e note di caramello, oltre a un paio di birre aromatizzate, una scura al miele e una chiara con le medesime botaniche del Gin, o una classica Lager.

Da un ricettario di cucina di montagna è quasi obbligatorio scegliere una zuppa. Tra le più caratteristiche di tutta la Valle, troviamo la “Zuppa Valpellinentze” originaria della omonima valle laterale, la Valpelline si staglia a nord della Valle d’Aosta con i suoi paesaggi mozzafiato culminanti nel Dent d’Hérens a più di 4000 metri di altezza. Un piatto ricco e composito, ma allo stesso tempo piacevole e per nulla eccessivo: pane, fontina, burro, brodo di carne e verza vengono cotte lentamente e passate successivamente in forno con una spolverata di cannella in polvere, per creare una golosa doratura. Per differenziare il sorso dal boccone una IPA “India Pale Ale” può essere la giusta scelta. La birra creata per soddisfare i militari britannici di stanza in India ha una maggior concentrazione di luppolo che le consentiva di reggere il lungo viaggio in nave. Dai toni fruttati, agrumati si intensifica nel sapore con una tipica nota amaricante. Per seguire maggiormente la pienezza della zuppa, una Moretti La Rossa è la perfetta compagna al tavolo: una doppio malto, ricca e di bella struttura, che regala sapori di frutta del bosco e un carattere che soddisfa, senza eccessi.

Chiudiamo il nostro menu valdostano con pairing birrario gustando un dolce tipico: le Tegole. Il nome deriva dalla loro forma che ricorda quella delle “lose” pietre locali tagliate a tegole per coprire i tetti delle abitazioni di montagna. Sono preparate con nocciole, zucchero, albume d’uovo, farina e talora mandorle e vaniglia. Le Tegole, biscotti delicati e saporiti, da accompagnare ad una birra di abbazia, piena e intensa, di importante gradazione. Con una dolce meditazione e con lo sguardo sulle montagne.

Oggi ti porto in… Piemonte

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

Le prime brume dell’autunno, tra le colline, i borghi storici e i castelli secolari, le piccole piazze di paese, ancora ritrovo per quattro chiacchiere sugli avvenimenti del momento: il Piemonte delle Langhe, del Monferrato, dell’Astigiano e del Roero.

La matrice contadina si unisce nelle cucine a quella sabauda, reale, e rende gli straordinari prodotti del territorio, piatti indimenticabili.

Il nostro viaggio prosegue così, in questa atmosfera autunnale, con i primi freddi che invitano a trovare rifugio di fronte a piatti che scaldano anima e cuore, abbinati, come nel nostro consueto, ad ottime birre.

SÌ comincia con una vera specialità dalla storia intrigante: la “Bagna Caoda”.

Nata nel basso Piemonte dove giungevano, nel loro percorso dal mare gli acciugai (anchoier) delle valli Occittane, transfrontalieri erranti che portavamo questi piccoli e gustosi pesci sotto sale sui mercati piemontesi. Le acciughe sono la base della salsa con aglio e olio che scalda nella pentola chiamata “fojot” direttamente in tavola e dove si immergono le verdure di stagione a partire dal cardo gobbo e dal topinambur, che diventano ghiotti bocconi.

Al sapore deciso della salsa abbiniamo con certezza una “blanche”, birra di frumento non filtrata, che unisce le sue caratteristiche speziate e agrumate ad un sorso fresco e diretto.

Risalendo una collina e raggiungendo un piccolo borgo concediamoci una seconda icona della cucina del Piemonte: gli “Agnolotti”. Il formato di pasta ripiena è, da queste parti rigorosamente quadrato, di dimensione variabile con un ripieno di carne “dei tre arrosti” di vitello, maiale e coniglio, che incanta il palato. Il nome della pasta deriverebbe dal cuoco che la inventò e veniva chiamato “Angelot”. Diffusi nelle diverse province piemontesi, il loro condimento perfetto è con burro e foglie di salvia. In abbinamento una birra artigianale cuneese ambrata, una India Pale Ale,  per restare nel territorio, spostandosi verso le limitrofe regioni francofone, una birra di abbazia di media intensità troverà il piacere del sorso.

Proseguiamo la nostra degustazione con un abbinamento di bella intensità, dal boccone ricco di acidità e sapidità e dal sorso, in opposto, pieno e con note caramellate.

In tavola portiamo il “Carpione”, versione piemontese del Veneto “Saor”. Si tratta di una marinatura nell’aceto, erbe aromatiche, aglio e cipolla destinata a nutrire del suo sapore verdure come le zucchine, uova in camicia, pesci di acqua dolce come le carpe e le anguille e piccole cotolette impanate e fritte. A queste caratteristiche ben risponde una “Bock”. Birra lager di struttura importante, originaria della Germania e nota sin dal Medioevo. In origine era una birra esclusivamente scura, con il passare del tempo ne sono state e vengono prodotte anche versioni ambrate e chiare. Sempre, però, con carattere e pienezza del gusto dove si distinguono il malto e si apprezza una nota dolce che contrasta con eleganza i sentori del Carpione.

Pensiamo ad una bella birra scura, intensa dalle profondità aromatiche e gustative, una “Strong Belgian Ale” una “Porter” e anche una “Stout”. Le note speziate in queste birre portano sapori di tosatura, caffè e a volte cioccolato. Schiuma cremosa e tenace e rotonda declinazione delle note amare. Queste tipologie sono molto adatte ad accompagnare un “carrello dei formaggi” che porta in tavola una delle forme più complete di identità territoriale. Il lavoro dei casari, infatti, si differenzia valle per valle, città per città, a volte pascolo per pascolo. Formaggi più stagionati, o più morbidi, vaccini o caprini sono, in Piemonte, un pilastro della cucina regionale. Per cominciare una “Robiola” fresca, una “Toma” delle Valli Piemontesi di media stagionatura e lo stagionato e pregiato “Castelmagno”.

Non può mancare un accenno a sua maestà il “Tartufo”, tipico di questo periodo il “Bianco Pregiato di Alba”, ma ottimo anche il “Nero Pregiato” detto anche Scorzone, per via della pelle spessa e rugosa.

L’abbinamento può sembrare audace, ma è incantevole. Uova all’occhio di bue (dette “al paletto” in piemontese) generosa sventagliata di lamelle di tartufo e nel bicchiere una IGA (italian grape ale) che aggiunge mosto d’uva durante la fermentazione.

Oggi ti porto a… Venezia

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Piatti tipici della città lagunare e abbinamenti con la birra

Il nostro bellissimo viaggio nella cultura gastronomica italiana prosegue con l’entusiasmo di scoprire o riscoprire la tipicità della cucina locale, il fascino delle donne e degli uomini che credono profondamente nelle tradizioni e che amano la propria terra.

Un viaggio durante il quale abbiniamo alla cucina regionale una buona birra, tra lager, rosse, ambrate o artigianali, per esaltare e accompagnare i sapori e la consistenza di un piatto. Un sorso che aggiunge freschezza, gusto e profumi, a volte inaspettatamente, ma sempre con grande soddisfazione.

Eccoci pronti per la terza tappa, ricca di fascino e meraviglia: Venezia.

Tutti noi abbiamo di Venezia un ricordo o un’immagine personale, un angolo visto dal vivo o anche in un film, che sentiamo nostro. E allora, in questa giornata tra le calli e la laguna, partiamo da un luogo ricco di suggestione e storia: il Mercato di Rialto e la sua parte dedicata al pesce.

La giornata qui inizia che è ancora buio per i proprietari dei banchi sui quali fa bella mostra di sé ciò che il mare quotidianamente offre. A seconda della stagione, le diverse tipologie di pesce, crostacei e molluschi sono il “tesoro” di questo mercato. È bello andarci davvero presto quando le lampadine appese ai fili lungo le mura del loggiato sono le uniche fonti di luce. Sino a che il sole sorge e dipinge il tutto con pennellate di luce. Dopo una visita del mercato ecco il suggerimento per una “colazione del campione”.

Un piatto di crudo, tra cui non possono mancare gli scampi locali, gamberi di stagione e, se il mare l’ha concesso, una seppiolina tenera e delicata. Sono diversi i banchi e i piccoli locali del mercato a proporre il piatto. E per completare un breakfast insolito, ma eccezionale, abbiniamo una birra al cedro di Santa Maria prodotta nella splendida Scalea, in Calabria. La nota agrumata è perfetta con il crudo di pesce.

La mattinata prosegue passeggiando per la città e lasciandosi guidare dalla bellezza e dall’arte nelle visite preferite. Ad ora di pranzo è il momento di sedersi al bancone di una delle storiche “cicchetterie” per gustare i cicchetti, i tipici stuzzichini veneziani. Da non perdere quelli con sarde in saor, Baccalà mantecato, polpette di pesce, uova sode con acciuga, folpetti (piccoli polpi) in guazzetto, carciofi di Sant’Erasmo sott’olio e per pochi giorni all’anno le “Castraure” che ne sono i germogli. E nella giusta stagione quelli con il radicchio e con le “Schie” piccoli granchi fritti.

I cicchetti sposano la birra in diverse tipologie. Una lager di medio corpo accompagna perfettamente i sapori più intensi con freschezza e carattere. Una rossa su abbina con gioia ai cicchetti di terra o a quelli con i formaggi portando sapore e consistenza. Volendo osare, ai cicchetti con i salumi mettiamo accanto una “bock” scura, intensa e intrigante.

Con il Vaporetto, raggiungiamo Burano, splendido gioiello della laguna.

Un’isola a misura d’uomo e colorata dalle vivaci tonalità pastello delle sue case da ammirare passeggiando. Merenda tipica con i celebri e inimitabili biscotti “Bussolai” detti anche “Buranelli” da accompagnare con  una “Weiss” per stemperare la dolcezza.

Burano è visitabile a piedi senza affaticarsi troppo e nel vale davvero la pena, da mirare anche l’artigianalità dei “merletti” ricamati a mano, una tradizione che si tramanda da secoli.

Torniamo in centro storico per scegliere una trattoria veneziana tipica, magari affacciata su di un canale minore, lontana dal percorso turistico. Un tavolo all’esterno, la tranquillità dell’acqua e il solitario passaggi di una gondola e l’atmosfera c’è tutta. È il momento di dedicarsi a sua maestà il “Fegato alla Veneziana”, un tempo piatto povero e oggi orgoglio e simbolo di ogni cuoco della città sull’acqua. Da gustare con o senza la morbida polenta bianca, è un piatto iconico. Per chi non gradisce la carne “Zucca in saor” la tipica marinatura con cipolla, uvetta e aceto, oppure una classica “Pasta e fasiòi”.

Con questi piatti saporiti e di carattere beviamo una delle numerose e ottime birre artigianali prodotte in Veneto. Decise, come i loro abitanti.

Oggi ti porto in… Sicilia

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

Prosegue il nostro viaggio nelle cucine regionali, nelle tipicità di piatti e sapori autentica espressione della nostra splendida Italia.

Un viaggio dove abbiniamo alla cucina regionale una buona birra ad esaltare e accompagnare i sapori e la consistenza di un piatto. Un sorso che aggiunge freschezza, gusto e profumi e regala una combo perfetta.

Partenza per la seconda tappa: la Sicilia, isola nell’isola, un vero e proprio scrigno di tradizioni gastronomiche uniche e irripetibili, frutto, in buona parte, delle contaminazioni culturali che la regione ha vissuto nel corso dei secoli: arabi, normanni, e prima di loro greci e romani, per arrivare ai Borboni.

Per iniziare ecco alcune tipiche specialità del “cibo di strada” una delle esperienze gastronomiche più felici che si possa provare in Sicilia.

Arancino, se ci troviamo nella parte orientale dell’isola o Arancina se lo assaggiamo nella zona occidentale. A forma di palla o di piramide, queste forme di riso ripiene di ragù e piselli, oppure al burro, con farcitura a base di besciamella, mozzarella e prosciutto sono una vera goduria. Da gustare appena fatti, perfetti con una lager leggera che intenerisca la consistenza del boccone e che rinfreschi con gusto il palato.

Andiamo al mercato di Ortigia a Siracusa, a quelli di Ballarò o della Vucciria a Palermo, oppure a Catania allo storico mercato Pescheria: non può mancare l’assaggio di “Pane e Panelle”. Un panino al sesamo ripieno di frittelle di farina di ceci, delizioso. Da abbinare a una birra di una certa struttura, come un’ ambrata dai profumi floreali e dal sorso pieno che vanno ad arricchire il boccone. Terminato il pasto, magari consumato all’ombra di uno degli splendidi monumenti storici di queste città, si può credere con certezza al proverbio siciliano “pani e panelli fanu i figghi beddi” (pane e panelle fanno i figli belli).

Due piatti di pesce, entrambi inseriti nella lista dei prodotti tradizionali italiani stilata dal Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che devono essere assaggiati sono “Pasta con le sarde” (a Palermo) e il “Pesce spada alla ghiotta” (a Messina). Quest’ultimo è una ricetta semplice dove alla freschezza del pesce si aggiungono i sapori mediterranei del pomodoro pachino, dei capperi, della cipolla e i profumi della macchia aromatica sicula. In abbinamento? Una lager con cristalli di sale per bilanciare la sapidità ed esaltare i sapori del mare.

Le sarde a beccafico vengono squamate e sviscerate, arrotolate e farcite con uva passa, pangrattato, aglio, prezzemolo, pinoli. Al termine di aggiunge un pizzico di zucchero e uno la buccia di un agrume. Ad accompagnare questo piatto, beviamo una birra artigianale dai toni amaricanti, che rende il paring di altissimo livello.

Ritorneremo ancora in Sicilia, terra davvero molto ricca di tradizioni culinarie.

Terminiamo questa puntata con una piccola gustosa provocazione.

Uno dei dolci più apprezzati della tradizione siciliana è la pasta di mandorle. Di vario tipo e di diverse tradizioni locali, sono dolci con coperture differenti, glassati o meno, alcuni con l’aggiunta di una ciliegia o di altra frutta candita. Da provare bevendoci una “IGA” (Italian Grape Ale), birra che dimostra un bel carattere dinamico e un sorso molto piacevole, grazie all’aggiunta di mosto di vino in fermentazione.

Oggi ti porto in… Sardegna

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Piatti tipici regionali e abbinamenti con la birra

La cucina regionale è una delle espressioni più autentiche della nostra splendida Italia. Ogni territorio possiede una ricchezza agroalimentare di eccellenza ed una affascinante molteplicità di ingredienti e ricette. Ognuno di noi, tornando con la mente alle proprie origini, riesce a percepire anche il profumo di ciò che cuoceva nelle pentole in cucina o veniva portato in tavola con orgoglio e affetto, nelle occasioni familiari. Dal ragù della domenica, ai frutti di ogni tipo, alle torte salate che, solo sentendone il nome, sono capaci di portarci in un lampo nei luoghi dove la loro ricetta è tramandata di generazione in generazione.

Un vero e proprio viaggio del gusto che ci porterà a scoprire gustose ricette, piatti che regalano gioia al palato e agli occhi. E quale miglior abbinamento per le specialità regionali di una buona birra? Sarà questa l’altra metà del gusto, diverse tipologie di birra, provenienti da diversi Paesi per esaltare i sapori e accendere la convivialità.

Dalle lager, alle ambrate, dalle Bock, alle rosse, dalle birre di abbazia a quelle non filtrate. Ognuna di esse è perfetta per un sapore tipico che sia intenso, delicato, piccante o profumato.

La prima tappa è in Sardegna per scoprire la “Fregola” ingrediente storico e di tradizione che viene utilizzato in gustose ricette in ogni zona dell’isola.

La fregola è una pasta tipica sarda preparata con semola di grano duro.

A seconda dei diversi territori, assume nomi differenti come fregua, succu, cascà o pistitzone. In ogni caso è dal formato di questa pasta che ha origine il nome, pare infatti derivare dal latino ferculum, “briciola”. La fregola è un insieme di piccole palline irregolari che nascono lavorando l’impasto di semola e acqua. Successivamente vengono tostate in forno e assumono colore e sapore. In alcune zone, ad esempio il Campidano, viene aggiunto all’impasto dello zafferano fresco.

La forma ricorda il cous cous del nord Africa o più semplicemente un riso.

La storia della fregola risale a oltre mille anni orsono quando giunse in Sardegna, probabilmente grazie agli scambi commerciali di Fecnici e Punici. Quel che è…..

Se ne ha traccia con certezza nello Statuto dei Mugnai di Tempio Pausania, risalente al XIV secolo, dove la sua produzione veniva permessa solo dal lunedì al venerdì, per poter conservare l’acqua per i lavori agricoli previsti nel fine settimana.

La fregola si presta a diverse tipologie di cottura e, soprattutto a numerose ricette, tutte da provare. Nella zona dell’Ogliastra, battuta dai venti e profumata dalla macchia mediterranea, con il verde delle alte colline e le tinte azzurre e blu del mare la ricetta è “Fregola con le arselle” in dialetto “Fregula con còcciula”.

Il metodo di cottura è simile a quello del risotto, si bagna la fregola con il brodo di cottura delle arselle (conosciute anche come vongole o telline) e si cuoce con i sapori preferiti e della passata di pomodoro. A fine cottura si aggiungono le arselle (già portate a ebollizione).

Con un piatto saporito dal mare e di bella consistenza al palato possiamo abbinare una “birra non filtrata” per completare le affascinanti sensazioni di gusto. Dal sapore pieno e dal colore dorato, conserva una intrigante velatura, grazie alla naturale decantazione nei tini di fermentazione. Una birra “gastronomica” perfetta per un abbinamento della tradizione. In Sardegna la producono con puro malto d’orzo, un sorso che, come la fregola, trasmette in un istante tutta l’anima sarda, fatta di personalità carattere e orgoglio.

Sempre dal mare arrivano per condire la fregola, scampi e gamberi, pesci di scoglio per un perfetto ragù, cozze. A queste specialità abbiniamo una birra francese, proveniente da Strasburgo e dedicata proprio ai pescatori, la “Biere di Pecheur”. Piacevole carattere, una lager di gustosa e piena declinazione e una piacevole lunghezza del sorso.

La seconda ricetta tutta da provare è tipica di Alghero la “Paella Algherese” rivisitazione tutta sarda della celebre ricetta spagnola. Questa ricetta è stata creata durante i festeggiamenti per i 900 anni della città. La lunga presenza spagnola portò anche le sue culture, tra le quali quella gastronomica. La fregola sostituisce il riso e agli ingredienti di mare come calamari, cozze e gamberoni, si aggiungono quelli di terra con la salsiccia di maiale, pollo e le verdure: cipolla peperoni, piselli e pomodoro.

A insaporire il piatto si aggiunge in cottura lo zafferano. Infine il tocco tutto isolano prevede a piatto ultimato una bella grattugiata di bottarga di muggine dal tipico sapore.

Un piatto che declina sapori e consistenze cui possiamo abbinare una birra ambrata di abbazia con garanzia di essere prodotta da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo.

Perfetta una trappista belga di Vallonia. Nel bicchiere l’aspetto della birra ambrata è davvero invitante, con riflessi ramati e una schiuma cremosa. I profumi sono affascinanti, fruttati e intensi. Il sorso è unione di dolcezza e amarezza in ottimo equilibrio. Perfetta per l’unione terra e mare presente nel piatto. In alternativa una legger spagnola unisce nel bicchiere le due culture che hanno originato la ricetta, quella di Alghero e quella della Catalogna.

La fregola si acquista anche già pronta per essere cotta, oppure si può preparare “a mano” lavorando semola e acqua, fino ad ottenere le piccole palline da far poi tostare in forno.

Curiosità sul servizio della birra sarda in bottiglia. La bottiglia stappata è avvolta in un panno o un tovagliolo per far sì che mantenga intatte le sue caratteristiche.