Negli ultimi 3 anni il settore della birra è protagonista di una crescita turbolenta, nella quale l’aumento esponenziale della varietà dell’offerta di birre diverse non sempre è accompagnato da una adeguata conoscenza del prodotto.
La primavera della birra in Italia ha dunque fatto emergere la necessità di migliorare la formazione professionale, come anello di congiunzione e fattore chiave per far convergere la crescita quantitativa del settore birrario e il miglioramento della cultura birraria degli italiani.
La necessità di cui parliamo è caratteristica peculiare nel nostro Paese, dove per ragioni storiche la cultura della birra è arrivata in ritardo rispetto ai paesi del centro Europa, ed è rimasta latente fino a quando si è innestata nella nostra cultura alimentare mediterranea. Infatti da noi la birra viene consumata prevalentemente a pasto, in quantità moderate, con attenzione alla varietà e alla qualità più che alla quantità. Fino a qualche anno fa la birra era trattata in modo più indifferenziato, mentre oggi le persone sono interessate a scoprire gusti particolari, ricercano proposte anche diverse tra loro, si interessano, fanno domande, esprimono opinioni basate sulla propria esperienza gustativa. La birra è di tutti, se ne può parlare senza essere un sommelier, e gli italiani ci hanno preso gusto! Le birre sono entrate nelle conversazioni e nella convivialità del Belpaese.
Ovviamente tutto questo interesse ha anche dei rischi. In mancanza di una formazione adeguata, in primis fra gli addetti ai lavori, il rischio è che la crescita dell’offerta di stili e di birre finisca con il provocare confusione e che la superficialità generi indifferenza. Facciamo un esempio: se un consumatore medio si trova in un punto di consumo e riceve una carta con tante birre diverse, può anche rimanere disorientato a fronte di decine di descrizioni tecniche, che non sempre aiutano nella scelta. Ed è qui che interviene il professionista che, se ha ricevuto una formazione adeguata, è perfettamente in grado di consigliare e spiegare i differenti stili birrari in modo semplice, alimentando così un circolo virtuoso di diffusione delle conoscenze birrarie.
Abbiamo voluto approfondire questo argomento con chi accoglie e serve i clienti nei migliori ristoranti in Italia, attraverso una ricerca che ha coinvolto quasi 100 associati di Noi Di Sala, associazione nazionale che si propone di diffondere e promuovere la cultura dell’accoglienza e del servizio nell’ambito della ristorazione in Italia. Nelle prossime pagine riportiamo i risultati, ma la sintesi è abbastanza chiara: 8 restaurant manager su 10 vogliono migliorare la conoscenza professionale della birra e ben l’85% afferma che, quando deve assumere nuovo personale, ha difficoltà a trovare persone formate e con le giuste competenze in tema di birra. Il settore birrario sta esprimendo alcune risposte a queste richieste, nel 2019 a Milano è nata Università della Birra, un innovativo centro didattico che si pone come autorevole centro di divulgazione di conoscenze rivolto agli operatori della filiera della birra, operanti sia nel canale Ho.Re.Ca. (distributori e punti di consumo) sia nella distribuzione moderna (buyer).
La formazione copre tutte le discipline comprese nell’arte della birra: cultura birraria, per conoscere i segreti e le tecniche produttive di un prodotto dalla storia millenaria e in continua evoluzione; competenze commerciali, per acquisire le dinamiche di un sistema di vendita professionale; gestione aziendale, per migliorare le competenze manageriali grazie a un programma sviluppato in collaborazione con la LIUC Business School dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza (Varese).
La formazione professionale degli addetti ai lavori è il primo, decisivo, passo per avviare un circolo virtuoso che porti, ad ogni livello, benefici alla filiera birraria italiana. Dai manager dei grandi ristoranti ai punti di consumo a gestione familiare, fino al cliente, la voglia di cultura birraria è una esigenza.
Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti